La “mancetta” per la  “borghesia stracciona”

Era tanta la voglia di schierarsi con Matteo Renzi che Vincenzo Boccia, all’Assemblea generale della Confindustria, organizzazione che lo ha scelto come presidente, lo ha fatto a briglie sciolte dichiarando il proprio sostegno alle riforme (sic!) costituzionali e riproponendo l’antico vezzo confindustriale di sostegno al Governo di turno, salvo quello di Silvio Berlusconi. Questa operazione Arturo Diaconale ha voluto egregiamente battezzarla come “il renzismo acritico di Confindustria” anche perché le scelte economiche del Governo Renzi non hanno prodotto nulla per favorire la fuoruscita dalla crisi. Anzi, sono andate in tutt’altra direzione.

Avendo quindi fatto una scelta “fuori natura”, Boccia si è sentito autorizzato a richiedere una ricompensa e nel farlo si è lasciato sfuggire un enorme strafalcione economico. Questo strafalcione, ormai abbastanza conosciuto, è tutto racchiuso nella richiesta di “spostare il carico fiscale alleggerendo quello sul lavoro e sulle imprese e aumentando quello sulle cose“. A prima vista sembrerebbe una richiesta cinica che in soldoni viene interpretata come “riduci le tasse alle imprese e passale a carico di altri”. Un specie di atteggiamento pro domo mea che punta a racimolare una qualche “mancetta” (con un Governo uso a farlo) senza porsi problemi di correzione di rotta rispetto ad una crisi che continua a mordere.

A ben riflettere, però, non si tratta di cinismo ma della conferma di quanto aveva visto giusto Giorgio Amendola qualificando l’imprenditoria italiana come “borghesia stracciona”, a volte priva di scrupoli e accattona. Ridurre la pressione fiscale alle imprese non serve a rilanciare la produzione, perché se quel carico fiscale viene spostato sui prodotti (magari sotto forma di aumento dell’Iva) significa che ciò che viene immesso sul mercato costerà di più ed è, quindi, più difficile che i cittadini siano stimolati a comprarlo. Tutta l’operazione Boccia si esaurirebbe, quindi, con un risparmio fiscale per la borghesia stracciona con magazzini che continueranno ad essere pieni di invenduto e, quindi, costretti a frenare la produzione e, di conseguenza, a mettere in Cassa integrazione o licenziare gli esuberi. La crisi, malgrado Boccia e il suo ispiratore, continuerà a massacrarci ed a distruggere il nostro Paese.

Il problema allora, cari imprenditori spinti a diventare “prenditori” e “sudditi” di un venditore di fumo, non è quello di “spostare” parte dei carichi fiscali per alleggerire le vostre singole posizioni perché l’operazione sarebbe una vera e propria elargizione senza riflessi positivi sul Paese, ma al contrario con gravi ripercussioni negative. Se avesse riflettuto un po’ di più, Boccia avrebbe potuto scoprire il famoso “uovo di Colombo” e capito che è il carico fiscale che pesa sull’intero Paese che va ridotto per determinare grandi benefici all’industria italiana, grande o piccola che sia, e per rilanciare i consumi di quanto viene prodotto.

Se assieme a ciò si abbandona la politica delle mance che è servita come “voto di scambio” per conquistare la benevolenza di fette di cittadini, e si comincia ad investire nelle grandi opere infrastrutturali anche al Sud, si esce dalla crisi, si aumenta il Pil, si allarga l’occupazione e l’Italia può ricominciare a correre. Per il resto è un suicidio aggrapparsi alle riforme renziane che puntano a realizzare l’uomo solo al comando senza anticorpi contro l’autoritarismo. Noi voteremo per il “No” e così facendo difenderemo anche la libertà di Boccia e dei suoi associati.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:49