
Il professor Carlo Mongardini, emerito di Scienza Politica all’Università “La Sapienza” nei giorni scorsi ha analizzato attraverso sette domande e altrettante risposte uno dei temi più seguiti della politica italiana. A seguire il contributo di Teodoro Klitsche de la Grange che partendo dalle sette domande del professor Mongardini dà la sua lettura a proposito della Carta fondamentale dello Stato.
Che cos’è una Costituzione e come nasce?
Di definizioni ne sono state date tante, molte vere, quasi tutte parziali. Preferibile è quella di Bonald, d’essere “il modo d’esistenza di un popolo”, perché la più ampia e comprendente. Una costituzione nasce per crisi dell’ordine politico-sociale e la necessità di rinnovarlo.
Come protegge i cittadini?
La funzione di protezione è il nocciolo dell’obbligazione politica, “protego ergo obligo”: come scriveva Hobbes l’obbedienza implica protezione. La conseguenza è che se non c’è protezione non c’è dovere d’obbedienza. La costituzione, intesa nel senso liberale, ha anche la funzione di assicurare la libertà individuale (e sociale). Anche nei confronti di chi protegge.
Le Costituzioni invecchiano?
Si, come tutto. Tra quelle scritte, assolutamente prevalenti nell’epoca contemporanea, solo la prima - quella Usa - è tuttora in vigore. Anche se modificata da molti emendamenti e soprattutto dalle cannonate nordiste a Gettisbourg. In generale cambiando la situazione di fatto (progresso tecnologico, rapporti geografici, politici, economici) le “impalcature” normative tendono all’obsolescenza. Scriveva un grande giurista come Hauriou, criticando Kelsen, che un sistema giuridico è sempre – come un esercito in marcia – in movimento e concepirlo come statico (come norma) costituisce un errore scientifico.
Come si possono cambiare le singole norme della Costituzione?
Legalmente con le procedure previste dalla costituzione. Non legalmente in vari modi: con atti apocrifi di sovranità, colpi di Stato, rivoluzioni. In genere ogni reale cambiamento di costituzione è illegale.
Perché parliamo di “truffa” a proposito della legge costituzionale approvata dalle Camere e sosteniamo il “No” nel referendum? Perché l’attuale cambiamento non è condivisibile?
Il fatto che sia deciso da un Parlamento eletto con una legge dichiarata incostituzionale, cioè da un organo illegale è cosa che – contrariamente all’opinione prevalente – non mi preoccupa, perché i cambiamenti di Costituzione sono decisi da soggetti non legali, con procedure illegali a norma della legalità “morente”. Quanto alla sostanza, non risponde alle necessità effettive ossia di uscire da un assetto dei poteri pubblici policratico e non decisionista. Cioè dalla forma di governo delineata dalla Costituzione vigente.
Quale è il problema di fondo che le democrazie occidentali sono chiamate oggi a risolvere?
Di rendere possibile un’azione indipendente ed efficace all’istituzione statale. Recuperare cioè la (piena) sovranità, insidiata da poteri forti, interni ed esterni. Come la democrazia e la legittimità del potere. I poteri forti – nessuno lo nota – sono tutti, accomunati dalla caratteristica di non essere democratici, cioè elettivi o comunque rispondenti alla volontà popolare. Quanto alla legittimità, se si pensa – come dai più da circa due secoli – che legittimo sia il potere che venga dal popolo, la conseguenza è ovvia.
Quale è la via d’uscita per conciliare le esigenze di decisioni rapide salvando le garanzie della democrazia?
Concordo col professor Mongardini che occorre una riscrittura in senso presidenziale, cioè una nuova Costituzione. Con i relativi istituti di “contorno”, presenti in quella francese, come la mozione di censura, il plebiscito d’iniziativa presidenziale, il potere normativo “generale” del Governo. E poi i controlli giudiziari sulla P.A. potenziati e non episodici e “mediatici”, come avviene, per lo più, in Italia.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:50