Il Pd e la “sinistra”   questione morale

Renzi ha ammesso che nel Partito Democratico c’è una "questione morale", rottamando, in questo modo, oltre trent’anni di presunta ”diversità”, o superiorità morale, di una parte della sinistra, di cui lui oggi ne è il segretario. Parte che, trovandosi un tantino scomoda oggi sotto i colpi delle inchieste, comincia a sentire come un po' più “suo” anche il problema della giustizia, inteso in un senso onnicomprensivo: dalla politicizzazione di una parte della magistratura, al suo uso a volte “disinvolto” di metodi investigativi e giudiziari. Orbene, sembrerebbe che la presa di coscienza di uno dei bubboni italiani si stia propagando ad ampio raggio nella classe politica e in una parte consistente della militanza. Il tutto arricchito da una dose massiccia di “garantismo”. Chissà se qualche vecchio compagno si ricorda cosa diceva e pensava quando vedeva passare per strada un democristiano o un socialista ai tempi degli “eroi” della Procura di Milano, uno dei quali scomparso dalle cronache per “impossibilità sopravvenuta” a decantare ancora la sua purezza politica (Di Pietro).

Chissà se, nel frattempo, sono andati a leggere sul codice che l’avviso di garanzia non è una condanna o hanno riascoltato, in qualche vecchio audio, la famosa frase di Moro: “Non ci faremo processare nelle piazze”, pronunciata in Parlamento durante il caso “Lockheed”. Forse, o almeno si spera. Però, lascia un certo senso di scoramento pensare che la vicenda che ha colpito il sindaco di Lodi sia la goccia che ha fatto traboccare il vaso, e fatto prendere coscienza che il “problema giustizia” esiste davvero. Perché quel vaso era già stracolmo di ingiustizie, sofferenze e morte. In quel vaso c’era, tanto per citarne il più famoso, il caso di Enzo Tortora, brutalmente massacrato da magistrati che, dopo l’errore macroscopico, hanno fatto anche un’onorata carriera. E in quel vaso ci sono tanti politici che hanno provato sulla loro pelle una carcerazione preventiva usata come una tortura per estorcere confessioni di correità, dopo che avevano ammesso la loro colpa per preso tangenti per il loro partito. Qualche “garantista ritrovato” ricorda, oggi, Moroni, suicida in carcere nel 1992 durante il “rito purificatore”, tutto italiano, di Tangentopoli? Ricorda che l’acclamazione popolare della sua colpevolezza “oltre la sua colpa”, fu frutto di un dell’onda giustizialista dove alcuni partiti politici, piazza inferocita (e spesso ipocrita) e magistratura furono i protagonisti assoluti? Forse qualcuno si accorgerà che i problemi della giustizia non si risolvono certo con la “rabbia latrante”. Ma spero che non ci si accorga di essi solo quando ci si sente toccati direttamente dalla giustizia. Anche quest’ultima può risolversi solo in una militanza partigiana, non utile a risolvere il problema, ma solo a difendersene. Perché, quello della giustizia è un problema davvero serio, in quanto, prima di tutto, investe migliaia di persone; le quali, di volta in volta, possono essere semplici cittadini, imputati, condannati, reclusi. Ma sono sempre persone.

Nenni diceva che “c’è sempre uno più puro di te che ti epura”. Se dovessimo continuare a considerare tutto una “questione morale”, e non legale o politica, saremo sempre nella condizione di eterni corsi e ricorsi storici. Ed infatti è così.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:55