La “Riforma” tanto per fare qualcosa

Le discussioni sul referendum costituzionale, mentre da una parte hanno rotto un silenzio ed un’apatia per la politica che temevamo sarebbe stata protratta fino alla vigilia del voto, dall’altra hanno fatto emergere stranezze allarmanti del modo di ragionare, che sarebbe stolto e poco generoso liquidare con affermazioni come “si sa, la gente è strana...”.

E, invece, bisogna cercare di rendersi conto di motivi, se non plausibili e conducenti, certamente riconducibili a situazioni reali, ad aspetti della storia che abbiamo vissuto (parlo a nome dei più vecchi…). C’è ad esempio accanto alla stoltezza del “nuovo è bello”, con il quale Renzi cerca di convincere la gente a sorbirsi la sua sgangherata riforma, magari proprio da parte di quelli che, per intelligenza e possibilità di riflettere, respingono quella formula pubblicitaria da venditore ambulante di rimedi miracolosi, una sorta di riflessione finale “sì, questa riforma è robaccia, come le “azioni subordinate” spacciate dalla Banca Etruria... però... però qualcosa bisogna pur fare... non si può andare avanti così”.

È una considerazione giusta e ragionevole, fatta però al momento sbagliato e per l’occasione sbagliata. Ne parlo perché l’ho intesa, anzi l’ho letta nei commenti sulla mia pagina Facebook, ad esempio da parte del mio caro amico ed acuto critico Ciccio Trimboli. È vero, ci portiamo tutti dietro il senso di frustrazione per l’inerzia, l’inadeguatezza di un’intera classe dirigente, della stessa cultura del Paese ad adeguarsi alle novità che con ritmo torrenziale sono intervenute in tutta la vita dell’Umanità. La Prima Repubblica si è lasciata travolgere in tutte le forze politiche che in essa si esprimevano, paralizzata da una inerzia incredibile, dalla incapacità di rinnovarsi negli uomini e nelle istituzioni.

Ma attenzione: anche in quell’inerzia non è mai mancata la retorica bolsa e vuota, a volte ridicola, del “cambiamento”. Ricordo degli enormi manifesti azzurrini con un grande “scudo crociato” della Democrazia Cristiana. I soliti di tutte le campagne elettorali. Ma con la scritta “Per cambiare”. Roba da non sapere se ridere o incazzarsi. 2 Ora, di fronte a situazioni di stasi e di inerzia, per quanto manifestamente deleterie e sciagurate, c’è qualcosa, cari amici, di ancor più sciagurato: fare qualcosa tanto per farla, come se si trattasse di vincere la noia. Politica e scelte costituzionali non sono un passatempo. È la dura realtà: ma non c’è crisi, non c’è situazione di pericolo che si superi semplicemente facendo qualcosa, qualcosa purchessia. Non si tratta, appunto, di un passatempo, solo dei ragazzacci un po’ brilli possono giustificarsi se si mettono a spaccare vetrine ed a compiere atti vandalici dicendo “qui non si fa mai niente di bello, qualcosa bisogna pur fare”.

La conservazione, la lunga durata di situazioni, specie se si tratta di regole del giuoco, non è in sé un fatto negativo. È vero, invece, che spesso si pretende di dover cambiare le regole del gioco (che questa è la Costituzione) perché non si sa giocare. Una buona classe dirigente governa e sa meritare l’incarico di governare anche con “regole” che non sono le migliori. Sono i partiti, gli uomini politici, le classi dirigenti inadeguate, senza idee, senza prospettive, a prendersela con l’inadeguatezza, con le strettoie delle norme costituzionali. Nella nostra Repubblica, si è cominciato a parlare di riforme della Costituzione quando la classe politica e i partiti non avevano più la capacità di governare saggiamente. Ora, poi, si va ben oltre. Non solo si ingigantisce ogni problema nascente da vere o presunte strettoie della Costituzione, ma si pretende di sostituire con il cambiamento, un cambiamento purchessia delle regole, la capacità di operare politicamente, di governare.

“Qualcosa bisogna pur fare”. Cari amici, io ho passato la maggior parte di questa mia tanto lunga vita a ripetermi questa vostra, questa nostra sensazione. È proprio nei momenti in cui “fare qualcosa” è necessario, urgente, che bisogna stare attenti a fare luce. A questa nostra Repubblica, tra i tanti guai, inadeguatezza di governanti, errori e sciagure, ci manca solo quella di una Costituzione assurdamente modificata, inconcepibile, tale da non funzionare e richiedere una sorta di “commissariamento”, di “messa da parte delle regole”, cui stoltamente dovremmo ridurci perché “nuovo è bello” e perché “qualcosa bisognava pur fare”.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:02