Lodi, Livorno e Pdm di ritorno

Dopo Lodi, Livorno. Via via si snoda il rosario dei sindaci e degli amministratori incriminati, arrestati. Casi, come è ovvio, tutti diversi l’uno dall’altro. Casi in cui, peraltro, c’è sempre qualcosa in comune: una tendenza dei magistrati ad esagerare l’“evidenza” delle prove, la portata di illeciti veri o presunti, il ricorrere ad incaute misure cautelari. Ed è comune a questi casi così diversi il commento, la reazione di tutti e di ciascuna delle forze politiche. O quasi.

È demenziale l’atteggiamento dell’esponente grillino Luigi Di Maio, che pare sia andato a Lodi per perorare nientemeno che le dimissioni del sindaco oggetto di uno dei più spropositati casi di abuso delle manette nei confronti di pubblici amministratori. Ma è demenziale (e sotto certi profili potrebbe esserlo ancora di più) la dichiarazione della “costituzionalista” etrusca Boschi, che ha sostenuto che Di Maio dovrebbe chiedere al sindaco grillino di Livorno, Filippo Nogarin (nella foto), “raggiunto” (uno sproposito lessicale che, come molti spropositi, coglie, nel caso, nel segno) da un avviso di garanzia per un’indagine relativa alla bancarotta della locale società a capitale comunale di gestione dei rifiuti urbani; bancarotta maturata (indisturbata) sotto la precedente amministrazione del Partito Democratico e che egli stesso aveva deciso di sottoporre alla misura giudiziaria conseguente al dissesto.

C’è una pericolosa tendenza a fare della stupida demagogia in base al “dato obiettivo” di un semplice coinvolgimento in un’inchiesta giudiziaria, una vera corsa al linciaggio di chiunque possa incorrervi, “a prescindere” dal fatto che, magari, nel caso, lo scandalo sia proprio quello del coinvolgimento di chi non c’entra affatto e pure (caso Lodi) del suo arresto. Le folle che a Parigi “si godevano” lo spettacolo della ghigliottina erano espressione del terrore quanto e più i processi e le sentenze spicciative del Tribunale Rivoluzionario e del potere di Robespierre. Così da noi alle gesta manifestamente indirizzate a sostituirsi ad ogni altro potere dello Stato ed a mortificarlo, di cui il Partito dei Magistrati ci offre una nuova ondata, si aggiunge l’atteggiamento per più versi insopportabile di una tifoseria dell’abuso giudiziario, rappresentata (ma non esclusivamente) dai Cinque Stelle.

Non saremo tra quelli che, di fronte ad episodi di prevaricazioni giudiziarie che cominciano ad investire il partito di Grillo diremo “ben gli sta, così imparano”. Anche questo è un atteggiamento insopportabile e stupido. Se non esprimiamo (ancora) solidarietà al sindaco Nogarin è solo perché l’avviso di garanzia, di per sé e nell’uso per il quale è stato previsto dalla legge, è solo una garanzia per chi potrebbe ricevere pregiudizio da un’inchiesta giudiziaria, da lui persino ignorata, anche se, invece, ha finito per essere considerato (ed usato!) come una dichiarazione di intento persecutorio ed un principio di attuazione dello “jus sputtanandi”, arma pericolosa nelle mani di certi magistrati.

Non esitiamo a dire che motivi di allarme ce ne sono anche nel “caso Livorno”, in cui è evidente che la bancarotta della società appartenente al Comune è andata maturando sotto la precedente amministrazione Pd e che Nogarin può aver compiuto errori nel tentativo di fronteggiarla, non certo può aver “concorso” nel determinarla o aggravarla. Cercheremo di seguire questa vicenda e non mancheremo di sostenere le ragioni di Nogarin contro ogni generalizzazione, con rivalse e tentativi, magari, di far passare il “principio” (!) che i Cinque Stelle “sono come tutti gli altri”. Chi ritiene che questo sia il criterio con il quale si combatte malaffare e corruzione è, oltre che uno stupido, una persona pericolosa.

Detto tutto questo torniamo “al dunque”. Il Partito dei Magistrati sembra oggi scatenato a riaffermare il suo ruolo politico, la sua “supplenza” rispetto agli altri poteri dello Stato. È disorientato nelle scelte della direzione prevalente in cui muoversi. È esso stesso sconcertato di fronte alla varietà politica delle vittime di certe sue esagerazioni e prevaricazioni. Ma è compatto nel voler conservare tutto il potere, tutti gli strumenti sconsideratamente messi nelle sue mani dai beneficiari delle sue imprese fin dall’epoca di “Mani Pulite” e dalle stesse vittime, preoccupate di dimostrare la “fiducia” nella magistratura. Ne parleremo ancora.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:50