No a Renzi/Napolitano più che al referendum

Si approssimano le elezioni amministrative ed ovviamente, quando un argomento scomodo diventa di stringente attualità, il Premier si occupa d’altro. In virtù di questa tecnica ormai consolidata, apprendiamo che Matteo Renzi sta concentrando gran parte delle proprie energie nel dibattito sulle riforme e nella formazione dei comitati per il sì al referendum costituzionale che saremo chiamati a votare in autunno. Logica vorrebbe che noi non ci lasciassimo provocare da queste armi di distrazione di massa e che ci dedicassimo a parlare d’altro. Purtroppo la voglia è irrefrenabile e qualche considerazione sull’argomento referendario bisognerà pur farla.

Quando una cosa capita al Partito Democratico, sembra che tutti gli altri debbano sforzarsi di osservare un certo bon ton istituzionale, abbassare i toni e ad osservare un profilo da statisti per il bene della Patria. Nessuno può commentare ad esempio i circa 101 indagati Democratici (ovviamente si tratta di indagati e non di condannati) perché ciò viene subito bollato come sciacallaggio e volgare speculazione fatta da chi non può dare lezioni di moralità a nessuno. Facciamo sommessamente presente che, di fronte ad uno Scajola indagato, all’ennesimo stucchevole ed inutile processo sul bunga bunga, all’amministratore locale di centrodestra inquisito, a Previti o a Dell’Utri, l’élite democratica si è sempre scatenata in mille generalizzazioni tra il triviale e l’ossessivo. Bisogna fare lo stesso? Non siamo diventati giustizialisti, ma un dubbio sulla presunta superiorità morale ci sia permesso di insinuarlo nel lettore senza apparire dei novelli forcaioli.

Specularmente, quando si trattò di giudicare la riforma costituzionale proposta dal centrodestra, si parlò di attentato alla democrazia in maniera aprioristica, senza stare lì a guardare se c’era qualcosa di buono ma affossando la riforma a prescindere. Adesso, a sentire gli opinionisti anche di ex giornali di centrodestra come “Il Foglio”, per sembrare dei sottili acculturati, per non fare la figura dei dementi, per apparire degli statisti con una visione istituzionale lunga, per non stare insieme a Travaglio e Moni Ovadia (che hanno le loro ragioni per dire no al referendum, le quali non devono necessariamente coincidere con le nostre), per non sembrare quindi tutto questo, dobbiamo ingoiare un altro patto della crostata; dobbiamo subire un’altra annessione nazarenica nel nome della bella politica e dell’interesse nazionale. A noi la crostata fa venire il diabete e la figura del Nazareno crocefisso non ci teniamo a farla per far contento Renzi ed in omaggio alla bella politica per cui, a costo di sembrare meno intelligenti dei “foglianti”, qualcosa di politicamente scorretto ci teniamo a dirla.

La riforma costituzionale - la quale ha il merito di ridurre lo strapotere degli enti locali, rafforzare il Governo rispetto al Parlamento e ridurre il Senato a ricovero per anziani - non è la riforma della vita e non è nemmeno l’ultima occasione per modernizzare il Paese come dice Napolitano. Detto questo, Renzi, affermando che in caso di sconfitta si ritirerebbe dalla politica, lo ha trasformato in un fatto personale in un plebiscito sulla sua persona e sul suo operato. Napolitano, rincarando la dose, si è invece addirittura iscritto tra gli ispiratori ed i sostenitori della Legge Boschi. Quale migliore occasione per dire a Renzi che è un abusivo, impalcato al Governo (come i suoi due predecessori) grazie a manovre di palazzo ordite da quello stesso Napolitano che contribuì alla cacciata del Governo Berlusconi – l’ultimo suffragato da voto popolare ancorché non eletto dal Popolo – e che ora sostiene la riforma targata Boschi? Quale migliore occasione per dire a Napolitano che le sue trame non ci sono piaciute e non le abbiamo dimenticate? Quale migliore occasione per dire al Presidente del Consiglio che il suo operato, al netto delle frottole e degli hashtag, non ci convince per niente? Si tratta di uso improprio del referendum costituzionale? Può darsi, ma d’altronde un simile giudizio ce lo ha chiesto il Premier in persona facendone un fatto strettamente personale con la minaccia (sigh!) di smettere con la politica in caso di bocciatura.

Qualcuno, come i foglianti, afferma che è stato lo stesso centrodestra ad avallare la riforma votandola a Patto del Nazareno vigente. La tesi non tiene visto che sarebbe troppo facile rispondere che il centrodestra sbagliava allora e non oggi. Coerenza per coerenza, se è per questo, il centrodestra appoggiò anche il Governo Monti e votò anche la Legge Fornero. Per “Il Foglio” ciò fa del primo un buon Governo e della seconda una buona legge?

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:51