Magistrati, la lobby  dei consulenti

Lo ha detto oltre cent’anni fa Max Weber “ogni generalizzazione è una vittoria precaria sull’infinita complessità dei fatti”. Possiamo aggiungere che l’eterno dilemma tra “il come dovrebbe essere ed il com’è” non è ancora cognito alle classi dirigenti dell’Italia, vinto dalla banalizzazione del dibattito politico nella gara a chi è più onesto o meno disonesto.

Al Tribunale per i minorenni di Roma ed in altri tribunali italiani esiste un mondo di mezzo - forse più pericoloso di Mafia Capitale che non ha torturato innocenti e condannato le vittime di maltrattamenti assolvendo i torturatori - forte di comitati di affari, di potenti camarille, favori di scambio, conflitti d’interesse e deportazioni nei lager di Stato (le cosiddette Casa Famiglia) e di bambini strappati ai propri genitori e maltrattati dai gestori delle strutture di rieducazione. I nominativi di questi gestori figurano tra i giudici dello stesso Tribunale per i minorenni o figurano quelli delle mogli, delle compagne, degli amici e amici degli amici che fanno affari sulla vita e sulla sofferenza di minori innocenti e sul dolore dei genitori, i quali vengono espropriati dello scopo della loro vita dalla tirannide del profitto e dalla crudeltà dell’affare. Una corruzione ad alto contenuto spirituale che sfrutta il traffico delle anime - la minaccia e il ricatto più infame - coperto da incerti richiami a metodologie e scienze fatte in casa per il portafoglio e il reddito non dichiarato fatto di pagamenti in contanti.

Parcelle da capogiro, flussi di denaro nel nome del bambino e un comitato d’affari chiuso ad ogni esame critico forte dell’incontestabile prestigio della scienza psicologica utilizzata da arroganti somari incaricati dal magistrato di turno. I chiamati al compito di consulente psicologo sono quasi sempre gli stessi e le perizie sono il frutto di compiacenti e opachi gentlemen’s agreement in danno delle vittime (donne e bambini) oggetto delle perizie. In nome del bene del bambino vengono perpetrati veri e propri delitti in un ambiente cosiddetto protetto, che solo in pochi casi hanno visto trionfare le incursioni degli inquirenti. Uno, pochi, fuori gli altri è il principio dell’oligopolio degli incarichi che vengono conferiti da parte pubblica e da parte privata. Non tutto risplende nel grembo della psicologia.

Le corrotte cittadelle del sapere trovano ingresso anche nei luoghi dove, per la stessa natura della scienza psicologica, i medici del disagio non dovrebbero imitare i mercanti di sensazioni che operano nell’informazione, segmento sociale di percezione più vicino alle discipline psicologiche che utilizzano primariamente lo strumento della parola. La fiducia delle vittime (donne e bambini) viene travolta dal tradimento dell’agire dell’operatore psicologico più incline al successo personale e al richiamo della tasca. Nessuna falsa dichiarazione di intenti (per il bene del bambino) può assolvere il male dentro che aggrava le vittime dall’incontro con lo psicologo di turno, frustrando comprensibili aspettative provenienti da colui che è venuto per chiedere giustizia, lenire la sofferenza e vincere il disagio e l’angoscia. Un tradimento grave, perché la traballante imparzialità dei magistrati viene ingannata dalla convinzione che le consulenze psicologiche poggiano sulle basi scientifiche della psicologia, verso la quale la fiducia è massima. Purtroppo, la realtà ci consegna sempre più perizie tecniche frutto di corrotte cittadelle di comitati di affari e prodotti di esperti di scarsa capacità e conoscenza della difficile scienza psicologica.

Un’area di lavoro per psicologi-mercanti esposta quotidianamente al rischio di comportamenti negligenti e scorretti. Almeno il 50 per cento delle segnalazioni per presunte false perizie ed abuso di poteri riguarda attività compiute nell’ambito della psicologia forense. L’azione psicologica nei procedimenti che coinvolgono il minore rappresenta la zona più insidiosa della psicologia forense. Vi è carenza di elementi etici e deontologici propri della professione, una perniciosa inadeguatezza al ruolo peritale. I danni subiti dalle vittime (più spesso donne e bambini) hanno assunto una dimensione così alta che il grado di sopportazione ha determinato una protesta generalizzata in tutto il Paese, coinvolgendo la parte sana del mondo della psicologia, che sta minando il potere degli oligopolisti in difficoltà a fare fronte a fondate contestazioni e critiche ai loro superficiali pareri, alle loro corrotte e comunque imprudenti proposte di soluzione dei casi. Così è dato assistere al patetico spettacolo offerto dagli onnipotenti maestri, dotati di prestigio, controllori del flusso dei fondi assegnati alle loro associazioni e onlus e strenui difensori degli alti prezzi delle prestazioni psicologiche, nel supremo interesse del bambino.

I potenti dominatori del circuito degli affari del mercato delle consulenze, mimetizzati dietro il brand accattivante dell’associazione o della onlus, circondati da una piccola folla di interessati adulatori, sembra vedano svanire le loro posizioni predominanti. Verbosi oratori in cattiva fede che redigono le relazioni peritali secondo il metodo del copia e incolla, in modo che le generiche analisi e diagnosi psicologiche possano andare bene per ogni soggetto, forti di quelle verità lapalissiane, come quella che tutti avremmo bisogno di un supporto psicologico compresi gli stessi psicologi. Una delegittimazione grave dell’importanza della scienza psicologica e delle sue incalcolabili possibilità operative, che possono essere benefiche per il disvelamento di verità non conoscibili con il solo ragionamento logico ma malefiche per le vittime (donne e bambini) di soprusi e prevaricazioni nel momento in cui si decide di sottoporre a terapia non il torturatore, il maltrattatore, l'aggressore o il violento persecutore ma le stesse vittime che dovrebbero abituarsi alla tortura e cancellare la paura e il timore indotte dal violento aggressore.

I monopolisti e i loro adepti del mercato della psicologia forense hanno abdicato alla propria autorevolezza, conquistata forse all’origine con studio e abnegazione, e alla rigorosa applicazione di quell’indubitabile insieme di conoscenze scientifiche che hanno fatto grande la psicologia. È di tutta evidenza che una buona parte delle concrete perizie effettuate e le relative relazioni peritali depositate agli atti delle cause e dei processi denunciano tutta la loro pochezza e la loro superficialità, prive anche degli obblighi della logica e hanno il solo pregio di ingannare la decisione dei magistrati. La breve storia della scienza psicologica italiana documenta una fase inaugurale nella quale qualunque tipo di pedantesco discorso inarticolato trovava ascolto nella convinzione che l’ascendenza e la repentina diffusione del verbo della psicologia riusciva a conquistare spazi sempre maggiori nel sentire delle genti. L’approdo ha deviato verso un conformismo avido di un certo riscontro economico (non si parla di missione) e parallelamente è sorta la necessità di aprire un’epoca più rigorosa ed epistemologicamente orientata della scienza psicologica.

Sfortunatamente la selezione dei migliori la fa il mercato, quello pubblico e privato delle professioni. Un processo di selezione di nomine, carriere e promozioni penalizzato da un gioco dominato dalle conoscenze, raccomandazioni, dalle collusioni con il magistrato ingannato dal successo dell’esperto di turno. Il macabro rituale dell’odio dell’ex, la tortura dettata dal pressappoco di esperti e consulenti, il defilè cimiteriale di procedimenti, procedure, imprecisate competenze e fantasiose interpretazioni delle norme sul principio che la legge è uguale per tutti è un dejà vu tanto ricorrente da non destare più interesse, se non fosse che quotidianamente le cronache giudiziarie lanciano nel web il bollettino di guerra dei cruenti decessi per femminicidio, e dal mondo terracqueo giungono a getto continuo le notizie delle efferate torture alle donne di ogni etnia e Paese, che nonostante il copioso elenco di leggi e raccomandazioni internazionali continuano a versare sangue innocente sul fronte dell’uguaglianza e del diritto a vivere.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:54