L’arroganza di Floris  e questione talk-show

“Magari potreste mandarlo a prendere voi...”. La battutina di Giovanni Floris, quasi un invito all’intervistato (in ginocchio) Piercamillo Davigo, neo presidente dell’Associazione nazionale magistrati, provoca un sorriso sarcastico nell’ex Pm di “Mani pulite”. E spiega, come un lampo che squarcia la notte e la rischiara, quale sia oggi il primo motore immobile dell’ondata giustizialista nel nostro Paese: i talk-show e i rispettivi conduttori che si sentono dei padreterni. E che più che intervistare i magistrati, li aizzano. Nella fattispecie contro Matteo Renzi e il suo Governo, ma in passato ciascuno ha avuto il suo e in futuro sarà ancora peggio.

La battuta si riferiva al fatto, lamentato tra le righe dell’intervista suddetta da Davigo, che il Premier ancora non avesse parlato con lui, appena eletto a Pontefice massimo del sindacato dei pubblici ministeri d’Italia. Allora “se ancora non c’era stato questo colloquio”, ecco la battuta di Floris: “Potete sempre mandarlo a prendere”.

Perché no? Magari con l’Alfetta della Benemerita. Come a dire: poiché l’Italia si avvia a diventare uno stato di polizia, tanto vale dare l’esempio. Davigo, si badi bene, era reduce da un viaggio in Brasile in cui aveva dato consigli, forse una consulenza, ai magistrati locali che stanno studiando le tecniche di golpe postmoderno dalla storia di “Tangentopoli”, così come dispiegatasi qui da noi nei primi anni Novanta. I risultati sembrano essersi subito visti: Dilma Roussef ora si trova sotto impeachment.

Ma Floris martedì sera era molto arrabbiato con Renzi: aveva osato dire in aula al Senato cose che non si sentivano dai tempi dalle sacrosante parole di Bettino Craxi nel proprio “j’accuse”. Quello con cui si difese dalla richiesta di autorizzazione a procedere. Giusto ora che sembrava a portata di mano il potere del partito delle procure, questo si ribella. O, per citare altra voce dal sen fuggita allo stesso Floris durante l’invereconda trasmissione “Dimartedì” (parodiata pure da Maurizio Crozza, ormai, ed è tutto dire), “questo vince sempre”. “

Questo” ovviamente era sempre Renzi. E il riferimento era al referendum delle trivelle. “Dulcis in fundo” la battutina furbetta sciorinata a mezza bocca alla fine di un’intervista al nuovo Papa dell’Anm: “Potete sempre mandarlo a prendere...”. Se questa è la funzione pedagogica che i talk-show e i rispettivi conduttori credono di potersi arrogare in Italia, allora c’è poco da urlare all’editto fiorentino, bulgaro o di Arcore. Il vero problema per la democrazia a questo punto non sono neanche tanto i magistrati che vogliono fare i protagonisti o invadere la politica, sospinti dalla notorietà delle rispettive inchieste. No, il cancro si diffonde piuttosto attraverso questo tipo di informazione, arrogante, diseducativo e spesso e volentieri anche mistificatorio. Quando non mendace.

Non auto assolviamoci sempre nel nome della libertà di stampa con il solito mantra secondo cui chi ci critica ci vuole “mettere il bavaglio”. Il bavaglio, comportandoci così, ce lo stiamo mettendo da soli.

@buffadimitri

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:00