Renzi alla guerra, anzi a due

La Storia lo ricorda sempre. Mai fare guerre su due fronti. Si finisce per essere schiacciati in mezzo. L’Italia, cui la recente storia dell’impegno militare rammenta che le basta mezzo fronte per perdere, ci è sempre stata attentissima. Con tutti i mezzi, anche al prezzo del disonore, ha evitato conflitti con tutti, serbi, croati, albanesi, jugoslavi, olandesi, francesi, tedeschi, africani e arabi d tutti i tipi, fino ai persiani ed agli indiani.

Da un po’ di tempo però è tornata sui colli spellacchiati di Roma la voglia di menar le mani, quel desiderio che fu giolittiano e garibaldino, ducesco e dalemiano. Come ai tempi dell’Anschluss, tanta è la voglia di schierare le truppe al Brennero, a nord contro l’Austria, nemesi storica dell’Italia unita. Ed insieme a fatica si trattengono i volenterosi che vorrebbero l’intervento diretto urgente ed immediato contro l’Egitto, reo di proseguire la tradizione dello Stato assassino che tanta parte ha avuto nella storia e propaganda recente e tanta ne avrà nei futuri processi, romanzi e film.

Impavidi, i bimbi di governo non si fermano nemmeno all’idea di combattere con gli austriaci al nord e gli egiziani a sud. Anche se premono truppe francesi sull’Aurelia e crescono le insistenze per fare dell’Italia la mosca cocchiera del secondo intervento in Libia. La voglia della guerra parallela, dimostrazione dell’indipendenza italica tra i tanti interventi necessari come lavori ingrati da svolgere per i Paesi potenti, è tanta anche per uscire dalle secche drammatiche in cui versa il governo bimbo.

Difficile scatenare nell’ormai afflitta, rinunciataria massa un qualche spirito patriottico, negato e punito per decenni. Fortunatamente il nostro popolo apatico, o meglio gli strilli dei pochi che intendono esserne portavoce, sono forzatamente risvegliati dalla carica di simboli e valori sempiterni, quali Schengen ed i richiedenti asilo. È in nome di questi slogan che scaldano i cuori, nomen libertatis della ricerca e del diritto dei popoli circolanti, che invece ai tempi dell’Urss era meglio restassero chiusi dietro la cortina di ferro, che le nostre forze sono pronte all’intervento. Per difendere i fantasmi di sindacati sotto pressione sulle rive del Nilo e nel deserto, gli stessi sindacati che in Italia si vorrebbero rottamati.

Il Governo rischia grosso sulle elezioni comunali. È ad un passo dal baratro tra arresti, avvisi, padri fedifraghi, intercettazioni; tra la Scilla Mps e la Cariddi Banca Etruria mentre Circe invoglia a peccare ancora con una nuova banchetta da Oltrarno. Il risicato voto di maggioranza sulle riforme costituzionali non ha dato il necessario respiro ed anche un Cuperlo ha potuto trovare il coraggio, assai, per un unico concentrato ruggito che lo ha consumato a fondo. Non resta che la guerra a distrarre amici e nemici e far tornare la voglia degli affari. Il corpo dell’Armil (armata italiana in Libia) verrà affidata alla Valchiria Leopardata un po’ per allontanarla dalle molestie capitoline un po’ per andare incontro ai miti berberi. Il Commenda Verdini capitanerà a spese sue le truppe dell’Armia (armata italiana in Austria) che con la nota voglia e capacità psicotronica dello sguardo abbatterà i muri divisori con la sola forza del pensiero.

Il pianto delle Mogherini, Carrà, Iervolino e Milo accompagnerà i treni verso le opposte destinazioni. Quanto è bello far la guerra da Trieste in su. Ma anche da Lampedusa in giù. A la guerra, compatrioti. Anzi alle guerre. Solo questo Governo, sembra abbia pensato la Serracchiani, è capace di raddoppiare tutto, anche le guerre.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:56