11 anni fa l’elezione di Papa Benedetto XVI

“Vi annunzio una grande gioia; abbiamo il Papa; l’Eminentissimo e Reverendissimo Signore Joseph Cardinale di Santa Romana Chiesa Ratzinger, che si è dato il nome di Benedetto XVI”. Con queste venne annunciato Papa Benedetto XVI, eletto il 19 aprile del 2005.

Nato il 16 aprile del 1927, figlio di un commissario di gendarmeria proveniente da una famiglia di agricoltori della bassa Baviera, e di una cuoca alberghiera, Joseph Aloisius Ratzinger trascorse un’infanzia serena a Traunstein, una piccola città vicino alla frontiera con l’Austria, a trenta chilometri da Salisburgo. Ha ricevuto in questo contesto “mozartiano” la sua formazione religiosa, artistica e culturale. La sua vocazione cristiana fu quella di tanti altri ragazzini della sua epoca, votata ad una semplice ortodossia che si dava per scontata e che, oggi, passerebbe per integralismo. I suoi anni giovanili passavano placidi senza scosse, fin quando il giovane Joseph assistette ad un evento inaspettato quanto sconvolgente.

Un giorno, mentre si preparava ad andare a messa ed a servire come chierichetto, come moltissimi ragazzi di una volta facevano in “automatismo”, vide il suo parroco bastonato dai soldati nazisti, appena prima della celebrazione della Santa Messa. Quest’episodio, che farebbe allontanare molte giovani anime dal cammino religioso, avvicinò ancora di più il ragazzo al cristianesimo, conscio delle persecuzioni che i testimoni della fede possono andare incontro per testimoniare il Vangelo. Invece, quel ragazzo alla domanda doverosa “perché dovrei stare ancora nella Chiesa?” seppe rispondere con coraggio, gratuità e fiducia.

Il 29 giugno dell’anno 1951 venne ordinato sacerdote. La sua intensa vita di preghiera si distinse parallelamente all’attività scientifica, che lo ha portato a svolgere importanti incarichi in seno alla Conferenza Episcopale Tedesca, nella Commissione Teologica Internazionale. Una grande risonanza ha avuto la sua lectio pronunciata all’Accademia cattolica bavarese sul tema: “Perché io sono ancora nella Chiesa?”. Faceva eco forse quell’episodio di tanti anni fa, quando il sacerdote della sua cittadina venne picchiato dalla ferocia dei nazionalsocialisti. Quella domanda era servita quindi alla maturazione ulteriore di quell’uomo che, in quel momento, la rivolgeva con inaspettata imprudenza ad un uditorio posato e tradizionalista. Ebbe a rispondere lui stesso: “Solo nella Chiesa è possibile essere cristiani e non accanto alla Chiesa”.

Il suo servizio come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede è stato così ampio che non sarebbe efficace ricordarlo in un semplice articolo in ricordo della sua elezione papale. La sua opera come  collaboratore  di  san Giovanni  Paolo II è stata alacre. Ventiquattro ore prima della morte del Papa, ricevendo a Subiaco il “Premio San Benedetto” (un presagio?) promosso dalla Fondazione sublacense “Vita e famiglia”, il Cardinale Ratzinger aveva ribadito con voce tenera e calma, ma con parole possenti: “Abbiamo bisogno di uomini come Benedetto da Norcia, che in un tempo di dissipazione e di decadenza, si sprofondò nella solitudine più estrema, riuscendo, dopo tutte le purificazioni che dovette subire, a risalire alla luce. Ritornò e fondò Montecassino, la città sul monte che, con tante rovine, mise insieme le forze dalle quali si formò un mondo nuovo. Così Benedetto, come Abramo, diventò padre di molti popoli”.

Alla vigilia della sua elezione al Soglio Pontificio, nella mattina di lunedì 18 aprile, nella Basilica Vaticana, insieme con i 115 Cardinali, ed a pochissime ore dall’inizio del Conclave che lo avrebbe eletto proclamò, nell’omelia a lui affidata: “In quest’ora di grande responsabilità ascoltiamo con particolare attenzione quanto il Signore ci dice”. Riferendosi alle letture della Liturgia, ricordò che “la misericordia divina pone un limite al male. Gesù Cristo è la misericordia divina in persona: incontrare Cristo significa incontrare la misericordia di Dio. Il mandato di Cristo è divenuto mandato nostro attraverso l’unzione sacerdotale; siamo chiamati a promulgare l’anno di misericordia del Signore”. Quella Misericordia, che egli ha sottolineato come fondante, poco prima di essere eletto Papa, venne ripresa dal di lui successore, Francesco, quando lo sostituì allo stesso soglio che fu dell’apostolo Pietro.

Le moltitudini hanno osannato il nuovo Papa Francesco per la semplicità, l’intelligenza e la sensibilità, per aver messo al centro del suo Pontificato la “misericordia” e la “misericordina” in “pillole”, non sapendo che il disegno umano già tracciato partiva da lontano, da un progetto teologico e umanista che aveva ed ha, ancora oggi, un solo nome: il nome di un ragazzo che rispose “sì” ad una chiamata, il nome di un ragazzo che non si spaventò davanti alle persecuzioni dei sacerdoti da parte della violenza della soldataglia, tanto da prendere su di sé la croce del vero sacerdozio, il nome di un ragazzo che, divenuto uomo e poi anziano ormai canuto, prese su di sé le ingiurie più odiose legate ai suoi natali, alla sua voce, al suo aspetto, per passare oltre, seraficamente, monacalmente, arando un solco profondo che può essere solo quello di “un umile lavoratore della vigna del Signore”. Soltanto un nome e uno solo: Joseph Ratzinger. Fu breve il suo Pontificato, sarà sua una lunga, imperitura gloria.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:51