Ride bene chi ride ultimo

Ride bene chi ride ultimo e a ottobre toccherà a noi, a tutti noi, stabilire se la riforma costituzionale “renziforme” sia una pagina storica oppure un pessimo scarabocchio. Certo è che, nei prossimi mesi, ne vedremo e sentiremo di tutti i colori per sostenerla, anche a dispetto dei Santi, e la nuova macchina da guerra che Matteo Renzi, con il sostegno dell’informazione amica ha messo in piedi, ci bombarderà come poche volte nella storia.

Del resto, basterebbe ascoltare i gregari, i notisti, le madamigelle, i filosofi e gli intellettuali adulatori del Premier per farsene un’idea. Nei talk show di tutte le reti e a tutte le ore, solo per citarne uno, imperversa Andrea Romano, parlamentare transfugo, che più va in tv ad osannare Renzi e la sua riforma e più sembra uscito, con tutto il rispetto, da un romanzo di Carolina Invernizio. Per non parlare di Corrado Augias, rispolverato ad hoc, che dai libri su Gesù Cristo e su Parigi è passato a farsi strenuo portavoce del risultato ottenuto da Renzi. E poi via via giù per li rami tutte le parlamentari al comando della vera first lady, Maria Elena Boschi, le new entry della “Renzi Rai”, autorevoli segmenti del mondo imprenditoriale e di tutto e di più, pronti a magnificare la straordinarietà della riforma nella speranza che il Premier se lo ricordi.

In buona parte queste persone, non solo, non sono esperte di diritto costituzionale ma, forse, la riforma nella sua interezza nemmeno l’hanno studiata, letta e approfondita; dunque, l’appoggiano “a prescindere”, ognuna per qualche pur legittima aspettativa. Bene, anzi male, a partire dal fatto che, una volta ancora, i postcomunisti, i cattocomunisti, gli ex ulivisti (insomma gli eredi della Democrazia Cristiana e del Partito Comunista Italiano) hanno modificato la Costituzione a colpi di maggioranza; ma, se possibile, stavolta hanno agito peggio, riuscendo addirittura a sconvolgerla. Infatti, mai i Padri Costituenti avrebbero potuto pensare che l’inserimento dell’articolo 138 anziché per semplici aggiustamenti sarebbe stato utilizzato tracotantemente per cambiarla del tutto.

Se poco poco gli fosse venuto in mente, quella nobile assemblea o non lo avrebbe scritto quell’articolo, oppure l’avrebbe fatto in modo tale da impedirne un utilizzo spavaldo, leggero e per certi versi pericoloso. La Costituzione, infatti, è cosa talmente seria e importante (ed è per questo che si chiama così ed è la legge fondamentale dello Stato), da meritare ben altro trattamento e ben altra partecipazione rispetto a quella che il Governo Renzi ha posto in essere. Però e nonostante tutto, i Padri Costituenti forse fiutando anche solo lontanamente qualche cosa di vago nel loro dettato, miracolosamente inserirono, a certe condizioni, la clausola referendaria e oggi queste condizioni, fortunatamente mettono la decisione nelle nostre mani.

Ecco perché ride bene chi ride ultimo, ecco perché il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, ecco perché la sovranità, una volta tanto, è davvero affidata al popolo. Dunque, dipende da noi, dagli italiani, da tutti i cittadini decidere il verde oppure il rosso per una riforma che, per come è stata elaborata, potrebbe rappresentare un terribile vulnus democratico, un passe-partout pseudo autoritario, un minus partecipativo di una democrazia compiuta. Con la riforma costituzionale renziana si straccia l’importanza dei pesi e contrappesi, non si elimina il Senato si torna a un sistema elitario di nominati dal capo, che trasforma la democrazia in monocrazia. Uno scarabocchio, un pericolo, una cancellazione di un pezzo dello stato di diritto, l’eliminazione tout court di una parte della democrazia. Del resto, parliamoci chiaro, lo stile renziano, quello al quale abbiamo assistito in questi due anni, quello che ha messo il carico da undici sulle ferite precedenti di Mario Monti e di Enrico Letta, non poteva mancare in questo caso.

Supponenza, oracolarità e muscolarità non fanno di un leader un grande leader, di un politico uno statista, di un Premier un salvatore e la storia questo sì che ce lo insegna. Infatti, al contrario, spesso tutto ciò serve a scrivere pagine che per un Paese, anziché storiche sono diaboliche. Basti pensare che la Costituzione una volta cambiata e in peggio, ci resterà addosso per chissà quanti anni, producendo così, sulla nostra pelle, tutto il negativo possibile. Per questo siamo contrari, per questo andremo convinti al referendum di ottobre e per questo invitiamo tutti gli italiani non solo a frequentarlo in massa, ma a pensare e studiare bene l’importanza di quel voto. Ride bene chi ride ultimo e per scrivere la pagina storica del nostro Paese, ci spiace per Renzi, ma bisognerà aspettare ottobre.

Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 17:16