
Sarà una donna a guidare nel prossimo quadriennio l’Istituto di previdenza dei giornalisti italiani. Il nome di Marina Macelloni, caporedattore de Il Sole 24 Ore, era stato fatto, come possibile presidente, prima del turno elettorale per il rinnovo dei vertici dell’Inpgi.
La Macelloni fa parte della maggioranza che governa da lunghi anni tutti gli organismi di rappresentanza dei giornalisti, dal sindacato (con la coppia Giulietti-Lorusso) alla Casagit ad eccezione dell’Ordine guidato ancora da Enzo Jacopino. Eletti anche i vicepresidenti Giuseppe Gulletta in rappresentanza dei pensionati (esce di scena dopo lunghi anni Paolo Serventi Longhi) e Fabrizio Carotti per gli editori. Il tentativo di contrastare l’elezione di Marina Macelloni da parte del consigliere di opposizione Carlo Chianura si è limitato ad un pro forma. La novità è stata invece l’ingresso nel Cda di Paola Cascella di Inpgi futura, dopo la scelta del romano Mario Antolini di restare, per incompatibilità, fiduciario della Casagit per il Lazio. Scatta così l’operatività dei vertici dell’istituto di previdenza che ha davanti a sé alcune sfide importanti, come rilevato dalla stessa Macelloni, e cioè la contestata riforma pensionistica varata dall’ultimo Cda ma non completata anche per la vaste critiche delle redazioni, il riassetto della gestione patrimoniale (dal primo gennaio è subentrato un Fondo per i rapporti con gli affittuari) e la revisione dello Stato dopo la constatazione della elefantiaca composizione degli organismi.
Lo scoglio maggiore dell’avvio della gestione Macelloni sarà la scelta della Fondazione (in una riunione prima del 21 aprile, apertura a Milano del processo Sopaf/Camporese) sulla costituzione di parte civile contro l’ex presidente Andrea Camporese indagato con i fratelli Magnoni per truffa e corruzione ai danni dell’ente. Per la neopresidente prima, però, occorrerà avere il parere degli avvocati dell’Inpgi, ma il presidente dell’Ordine Jacopino ne fa una questione di dignità e onorabilità. Sulla necessità della trasparenza degli atti insiste l’ex consigliere Nicola Borzi, collega al Sole 24 Ore di Macelloni, il quale ha presentato ben quattro esposti per conoscere le vicende legate al Fondo immobiliare Giovanni Amendola nel quale, come erano le intenzioni di Camporese, dovrebbe confluire l’intero patrimonio immobiliare dell’Istituto dopo la costituzione dell’intermediario InvestiRE SGR.
Dopo 8 anni di gestione Camporese l’Inpgi si trova con 24mila iscritti nella gestione principale, di cui 15.434 attivi e 8.234 pensionati. Gli iscritti alla gestione separata Inpgi 2 sono circa 41mila. Il costo totale della gestione previdenziale ed assistenziale nel bilancio 2015 ha superato i 498 milioni, con un rosso di oltre 91 milioni. Sempre nel 2015 sono stati erogati indennizzi per ammortizzatori sociali a 6.400 giornalisti per un importo complessivo di 38 milioni di euro, di cui 25 coperti con contributi dei datori di lavoro. Dal 2010 al 2015 sono andati in prepensionamento 826 giornalisti. Va poi aggiunta, come debito per l’ente, la contribuzione figurativa che viene erogata in assenza di versamenti (giornalisti deputati, consiglieri regionali, comunali, ecc.) che ammonta a circa 52 milioni, anche se non viene conteggiata sul disavanzo corrente.
È in questo quadro che Fnsi e Fieg hanno deciso di prorogare fino a settembre l’attuale contratto di lavoro. Secondo Franco Abruzzo, che fa parte del collegio dei sindaci insieme a Pierluigi Roesler Franz, dall’analisi dei dati e dall’andamento della crisi dell’editoria appare una verità amara: nel futuro dei giornalisti ci saranno pensioni più basse, età pensionabile più alta e una stretta per quanto riguarda il welfare. L’espansione degli iscritti alla gestione separata (la trasformazione del lavoro giornalistico sempre più autonomo) e il mancato rinnovo del contratto costituiscono elementi sui quali riflettere: da parte del sindacato (Fnsi) ma anche da parte di tutti gli altri organismi di rappresentanza.
Va studiato meglio e più in profondità il modo per garantire la sostenibilità di lungo periodo. L’allarme lanciato da Lisbona dal presidente della Banca centrale europea Mario Draghi sul rischio di una generazione perduta, vale per tutti. I giovani giornalisti non solo incontrano difficoltà nell’accesso alla professione ma quando trovano lavoro spesso è precario, depotenziato, saltuario. Così facendo si ritroveranno con pensioni da fame.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:50