Caso Basilicata:   l’intervista a Bolognetti

Maurizio Bolognetti, segretario dei Radicali lucani, per chi lo conosce, è stato il primo politico a chiedere un’inchiesta sul petrolio lucano. Non è stato profeta in patria: anche i magistrati che oggi indagano, anni orsono non lo prendevano sul serio ed ebbero polemiche a non finire contro di lui. Poi qualcosa si è mosso, magari a livello di opportunità politica e adesso il petrolio lucano è diventato una notizia. Stranamente, però, a parte Radio Radicale, nei talk-show non lo invita mai nessuno o quasi. In questa intervista per “L’Opinione” sentiamo dalla sua voce come nacque un caso ignorato per anni.

Bolognetti, come inizia questa storia dell’inchiesta per il petrolio in Basilicata?

Credo che questi inquirenti abbiano finalmente ascoltato quanto ho provato a raccontare da molto tempo. Penso, per esempio, all’esposto su Costa Molina 2 o ai numerosissimi reportage realizzati per Radio Radicale e in alcuni casi inviati alle Procure.

Da quanti anni le sue denunce sino ad oggi non avevano prodotto nulla se non ritorsioni contro di lei e contro chi aveva osato infrangere il muro di silenzio?

Posso solo dire che ho trascorso oltre dodici anni a difendermi da svariate accuse di diffamazione e da un’allucinante accusa di “rivelazione del segreto d’ufficio”. Cinque processi. Sempre assolto. In certi contesti la parola migliore è quella non detta, anche quando provi a rivendicare il rispetto della legge, del diritto, dello Stato di diritto, delle regole. E non parlo solo della vicenda petrolifera.

Perché oggi nessuno la intervista o la invita ai talk-show che parlano in ordine sparso della questione?

Cercano il sangue e tutto rischia di ridursi alla solita guerra tra bande. Potrei far saltare il banco. Potrei raccontare che, nel maggio del 2012, il Comune di Viggiano in una missiva inviata ad Eni esprimeva preoccupazione per i dati forniti dal “Cane” sulle emissioni inquinanti in atmosfera, provenienti dal Centro Olio Val d’Agri. Quel carteggio tra Eni, Comune e uffici vari, destinato come tanti altri a rimanere nei cassetti, lo divulgammo noi. Non ci fu clamore; la notizia restò in Basilicata e sulle frequenze di Radio Radicale. Meglio il circo appositamente convocato dalle “piazze pulite” che fanno pulizia della verità. Da venticinque anni descrivo un contesto e parlo dell’Italia Stato-canaglia anche sul fronte della tutela ambientale.

L’emendamento messo dal Governo Renzi era giusto o delinquenziale?

Né giusto né delinquenziale. se parliamo dell’emendamento in sé. A limite potremmo discutere di certe pressioni che testimoniano del potere delle petrolobby. Del resto, lo “Sblocca energia” è stato fortemente voluto da “Assomineraria”. Sarebbe interessante discutere di un documento finito sul tavolo del Governo e prodotto dal Rie (Ricerche industriali ed energetiche) su commissione di Assomineraria. Per dirla tutta, lo Sblocca energia è solo la parte conclusiva di un cammino che inizia con il Decreto liberalizzazioni.

Che ne pensa dell’operato dei magistrati di Potenza? Sono senza macchia e paura?

I contenuti dell’inchiesta condotta dal Noe per me non rappresentano una sorpresa. Sono questioni che ho posto ripetutamente per anni. Ritengo che in questo caso sia stato fatto un ottimo lavoro. Macchie e paure? Il magistrato che ha disposto la perquisizione della mia abitazione nel 2010 sulla vicenda dell’inquinamento delle dighe dovrebbe essere trasferito lontano dalla Basilicata per la sua patente situazione di incompatibilità ambientale. Dall’inchiesta su un inceneritore ubicato nella piana di Melfi emergono conversazioni in cui vengo citato in maniera non esattamente positiva. E poi indagini mai nate o “suicide”, conflitti di interesse. L’ex Procuratore capo di Matera che di fronte alla Commissione Bicamerale sul ciclo dei rifiuti definisce le mie denunce sui temi che stanno esplodendo oggi, e su altri non ancora emersi, “una modalità di atteggiamento”. E se dicessi che qualche tempo fa un tutore dell’ordine ebbe ad opporre la pistola alla mia telecamera?

Tutti parlano della Total ma ci si è dimenticati del versante Eni, potrebbe riassumerlo lei?

La verità è che ci si occupa soprattutto dei nomi più o meno eccellenti e poco di ambiente e salute. La reiniezione delle acque di produzione petrolifera, stando alla lettera di una delibera del Consiglio dei ministri del febbraio del 1977, non avrebbero mai dovuto autorizzarla. Quella delibera dice che gli effluenti industriali non vanno reiniettati in zona sismica. Montemurro, dove è ubicato il pozzo Costa Molina 2, è zona super sismica. Poi c’è il capitolo delle ipotesi di reato che riconduce alla modifica dei codici Cer, al taroccamento delle emissioni inquinanti, ecc.. Tempo fa il sindaco di Montemurro ebbe ad invocare l’intervento dei carabinieri per farmi togliere la parola nel corso di un Consiglio comunale aperto. Ai suoi occhi avevo la grave colpa di svelare qualche “altarino” e cioè stavo provando a ricordare una segnalazione di inquinamento risalente al 2001, inviata da Eni alla Regione e al Comune. Parlo dell’inquinamento del piazzale pozzo Costa Molina 2.

I Cinque Stelle adesso passano da paladini del bene e scopritori dello scandalo. Le cose stanno veramente così?

Sono bravissimi a mettere il cappello e vengono sponsorizzati a reti unificate. A volte bravi anche nel copia e incolla di proposte altrui. Penso a un consigliere regionale lucano che nel citare una mia denuncia sull’utilizzo di sorgenti radioattive da parte delle compagnie petrolifere, dovette fare dietrofront perché beccato con il sorcio in bocca. Sono stati i Radicali a porre la questione della violazione dell’articolo 251 del Codice dell’ambiente; è stato il sottoscritto a sollevare la questione dell’assenza del catasto rifiuti, e il caso Pertusillo mai sarebbe esploso se nel gennaio 2010 non avessi posto la questione del decadimento delle acque invasate nelle principali dighe lucane. Potrei continuare a lungo e ne avrei anche per certi neo no-triv o per chi in queste ore ha fondato il partito dell’ordinanza.

Come crede che andrà a finirà questa inchiesta?

Non ho la sfera di cristallo. Ma lasciami dire che se ci avessero ascoltato avremmo potuto risparmiarci almeno in parte quanto sta avvenendo.

La Basilicata e l’Italia hanno bisogno di questo petrolio? E se sì come sfruttarlo in modo sicuro?

Se tenessimo in considerazione gli “effetti collaterali” e i costi ambientali è un’operazione a perdere. Nel 2015 in Basilicata sono stati estratti, dai 27 pozzi della concessione di coltivazione idrocarburi Val d’Agri, 25 milioni di barili in un anno. La stessa Eni, nello Studio di impatto ambientale relativo al pozzo Pergola 1, afferma che nel 2013 nel Nord America sono stati estratti 17,2 milioni di barili al giorno! Siamo sicuri che convenga correre il rischio di contaminare le matrici ambientali per rincorrere un pugno di barili?

@buffadimitri

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:04