Le ombre cinesi   dei... “D’Alfini”

Sono stati più che cauti e guardinghi, Massimo D’Alema e Gianfranco Fini, nella loro manovra di avvicinamento. Nel 2010 gli allora presidenti di Camera e Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica) tirarono fuori i testimoni per attestare di non essere andati a cena anche se le rispettive fondazioni, “Farefuturo” e “Italianieuropei”, organizzavano seminari comuni.

Una volta usciti dal Parlamento (nello stesso 2013, entrambi con 6mila euro di assegno mensile), i due ex per eccellenza hanno rotto gli indugi, il Gianfry dopo trent’anni di onorata poltrona (e liquidazione da 250mila euro) e Baffino dopo ventisei anni (e liquidazione da 217mila). Nel febbraio 2014, l’ex premier e l’ex vicepremier esibirono il comune rancore contro i partiti padronali.

L’anno dopo gli ex leader di sinistra e destra non solo si diedero alle cene ma, addirittura, ne esibirono il menù pubblicamente, quasi a manifesto, come quello tutto di pesce della bresciana Castenedolo in occasione del libro di Fini sul secondo “Ventennio”. Tutti hanno abbandonato, a destra, Fini. Sia gli ex di Alleanza Nazionale che la pattuglia persa di Futuro e Libertà lo evitano come la peste. L’ex segretario Msi, An e Fli ha fallito in tutte le sue ultime idee, inclusi fondazioni e ritorno da allenatore di futuri politicanti.

Anche a sinistra, D’Alema è in caduta libera. Non ripete il famoso “che fai mi cacci?” di Fini per non essere preso in parola come avvenne all’illustre collega. Le sue proposte di un’associazione per la rinascita della sinistra e dei circoli “Berlinguer” sono state fatte cadere nel vuoto dalla sinistra dem di Roberto Speranza e Gianni Cuperlo. Le sue accuse di “arroganza”, diciamo, al premier, per quanto applauditissime, sono state stigmatizzate dai suoi stessi seguaci di un tempo, a cominciare dal delfino di un tempo e da ex seguaci come Claudio Velardi, Nicola Latorre e Matteo Orfini che si fa vanto di non sentirlo più da anni.

Gli è toccato sentirsi dare addirittura del traditore dal mite Cuperlo: “La sinistra con voi ha ceduto al potere”. È universalmente considerato il distruttore del Partito Comunista Italiano e dei Democratici di Sinistra proprio come, dall’altra parte, Fini è accusato di esserlo della grande destra che vinceva. Verso i due non solo i conformisti, ma anche i puristi storcono la bocca. Per troppo tempo Fini è rimasto nell’ombra berlusconiana con l’idea di esserne l’erede. Troppo a lungo D’Alema ha blandito Matteo Renzi pur di diventare Alto rappresentante della politica estera Ue. Il duo contava fin dal 2003 sulla moda politica del fasciocomunismo per librarsi sopra tutti, ma entrambi si sono troppo ingrassati di istituzione e di abiure contro il comunismo ed il fascismo di partenza.

Quando si sono decisi ad attaccare ormai la credibilità era in fumo. Stando così le cose, D’Alema e Fini non si fanno illusioni. Nessuno dei due si ricandiderà né fonderà partiti. D’altro lato, isolamento ed estraniazione donano ad entrambi mani libere e voglia di menarle, che unite, alla decennale praticaccia ed alle alte capacità, offre loro il destro di costruire un movimento d’opinione bipartisan contrario agli juvenes novi politici al potere. Sanno che molti, anche tra burocrati e giornalisti, attendono la revenge della vecchia politica piena di ideologia e di alti concetti. Pensano di agganciarsi al volo ad una futura bella campagna antimassonica, stile P2, che può sempre ripartire da un momento all’altro, in omaggio alla legalità democratica. E la loggia dove Denis Verdini istruisce Renzi alle modulazioni trasformiste sembra il bersaglio adatto.

Fini con una nuova arma “Liberadestra” è pronto. D’Alema è ancora trattenuto dal buon vecchio mondo antico del Partito Socialista Europeo e degli amici che ancora ha al Governo (sottosegretari Bellanova ed Amici), nonché ai fantomatici trenta onorevoli ancora fedeli. “Spezzaferro” però morde il freno alla prospettiva di un tramonto dorato da arguto talker nelle trasmissioni di analisi. Vuole avere assieme a Fini ancora l’opportunità di spezzare a mani nude in otto pezzi i partiti come i tappi dell’acqua minerale. Come dicono gli ammiratori dei D’Alfini, contro la politica del volo a bassa quota e dei piccoli obiettivi a breve termine, ci vogliono i massimi fini della politica.

Male che vada, la grande storia politica verrà lasciata in eredità a due figlie, Giuliana Fini e Giulia D’Alema che lavora a New York per la “Tod's” di quel Della Valle che è sempre alla ricerca di un partito da fondare. Ovviamente, contro Renzusconi e con D’Alfini. Piccole ombre cinesi con cui giocare mentre la globalizzazione si occupa di noi.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:54