
Almeno quattro sono le vicende dell’editoria sulle quali si sono accesi i riflettori in queste ultime settimane. È stato prorogato fino al 30 settembre da parte della Fieg e della Fnsi il contratto nazionale dei giornalisti che gli editori avevano disdetto unilateralmente. Qualche mese in più per avviare un negoziato sulla base delle normative che si appresta a varare in materia il Parlamento.
Si stanno delineando le strategie delle due maxifusioni tra il Gruppo Editoriale L’Espresso di Carlo De Benedetti e La Stampa della famiglia Agnelli da una parte, e tra Arnoldo Mondadori Editore di Marina Berlusconi e Rcs Libri dall’altra. Si inasprisce il contrasto che contrappone i poligrafici con la solidarietà dei giornalisti ai vertici del gruppo Caltagirone che ha in maniera unilaterale trasferito a società terze pezzi della filiera produttiva editoriale.
Ultimi giorni di colloqui e consultazioni per l’elezione del nuovo presidente dell’Inpgi che sostituirà l’uscente Andrea Camporese per il quale si aprirà a Milano il 21 aprile il processo per truffa e corruzione per la bancarotta della società Sopaf. Ci sono stati vari momenti difficili per il mondo dell’editoria ma questo presenta elementi negativi di prospettiva. A dicembre 2015 sono state vendute 183mila copie in meno di quotidiani il cui totale è sceso ormai al di sotto della soglia dei 3 milioni di copie (2,8 per la precisione). L’impatto della crisi è stato molto pesante: dal 2010 al 2015 il settore ha perduto 3mila posti di lavoro, ci sono stati oltre 700 prepensionamenti che hanno comportato circa 30 milioni in meno di contribuiti versati nelle casse dell’istituto di previdenza. Le spese, anzi, sono aumentate a causa anche degli armotizzatori sociali (cassa integrazione, disoccupazione e contratti di solidarietà) che sono salite di circa 400 milioni.
Il bilancio 2015 dell’Inpgi ha chiuso con 100 milioni di rosso, uno squilibrio tra entrate e uscite previdenziali preoccupante perché per farvi fronte si è intaccato il patrimonio immobiliare. Resta grave quanto sta accadendo nel gruppo Caltagirone di cui fa parte anche Azzurra Caltagirone che è vicepresidente della Fieg. I giornalisti de “Il Messaggero” di Roma, de “Il Mattino” di Napoli, de “Il Gazzettino” di Venezia hanno deciso di scioperare “per solidarietà con i poligrafici in difesa di un’informazione di qualità che non può prescindere dal rispetto delle regole a tutela dei lavoratori e dei lettori”. Cos’è successo? La vertenza è stata aperta dai poligrafici contro il gruppo Caltagirone che ha proceduto a cambiare il contratto di lavoro di riferimento. A questa si sono associati i giornalisti convinti che la risposta alla crisi del settore “non può essere lo smantellamento di regole, diritti fondamentali, tutele collettive, patrimonio sociale e civile del Paese che garantiscono una prassi sindacale costruttiva e responsabile”. “Le decisioni del gruppo Caltagirone non rientrano - dicono i sindacati di categoria - a strategie di rilancio e d’investimento di ampio respiro come sfida ad un’informazione di qualità su carta e web”.
In una nota di risposta i vertici del gruppo spiegano la riorganizzazione parlando dell’avvio di un “progetto di modernizzazione di alcune attività volte a caratterizzare le aziende per tipo di attività (Stampa, Prestampa, Servizi). Una semplificazione organizzativa e societaria che persegue l’obiettivo di cogliere tutte le opportunità del mercato”. Nel dettaglio si tratta di una miriade di società che rientrano al 100 per cento nella sfera della Caltagirone Editore ma una parte manterrà il contratto dei poligrafici e un’altra i contratti del terziario. Un misto di soluzioni che creano soltanto confusione e incertezze operative.
Il gruppo Caltagirone si pone al terzo posto nello scenario italiano con l’8,4 per cento dietro a Rcs (con il 22,6 per cento), l’Espresso (con il 17,8), davanti a Monrif (con l’8), La Stampa (con il 7,4), il Corriere dello Sport (con il 6,9) e il Sole 24 Ore (con il 3,5). Rapporti che tra poco cambieranno, dopo le fusioni. Con la nomina, in settimana, del presidente dell’Inpgi (in pole position si trova ormai Marina Macelloni, 54 anni, caporedattore centrale del Sole 24 Ore a Milano; vice presidente, il siciliano pensionato, Giuseppe Gulletta) si completerà il quadro di rappresentanza delle istituzioni giornalistiche. A quel punto si vedrà se sarà possibile realizzare un coordinamento per affrontare le nuove sfide.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:53