Giulio Regeni  ed i mille perché

A scanso di equivoci ci teniamo a sottolineare che quanto accaduto a Giulio Regeni è un fatto grave dal punto di vista politico, ma soprattutto atroce dal punto di vista umano. È quindi comprensibile, oltre che condivisibile, la richiesta di giustizia da parte della famiglia alla quale ci associamo con forza e convinzione. A nulla valgono inoltre le allusioni, che peraltro ci paiono improbabili, relative ad una presunta contiguità del giovane ricercatore ai Servizi segreti ed alla società di intelligence Oxford Analytica, perché nulla spostano rispetto alla barbarie che ha dovuto subire.

Detto questo, non possiamo non domandarci cosa spinga tanti giovani italiani a varcare i confini alla ricerca di esperienze forti in territori spesso devastati da guerre ed instabilità. Non sfugga che ad animarli probabilmente c’è una buona dose di ideologia terzomondista, quella stessa dose di accanimento terapeutico di stampo dottrinale che spinge qualcuno (sui giornali e sui palchi dei concerti) a giustificare quelli che si fanno esplodere negli aeroporti perché, da novelli resistenti, reagiscono al colonialismo occidentale.

Con questo vogliamo dire che Regeni sostenesse delle tesi giustificazioniste? Nient’affatto, ma la matrice di pensiero che spinge le varie Greta e Vanessa piuttosto che le due Simone o Regeni ad appassionarsi alle “Primavere Arabe” ed alle ingiustizie imperialiste è quella stessa idiozia utopistica sessantottina di cui sono infarciti i nuovi cooperanti pieni zeppi di retorica mondialista, pacifista ed egualitarista. Alcuni seguono il sogno rischiando in proprio nell’ambito di scenari complessi come Siria o Egitto, mentre altri rimangono in Patria ostinandosi a predicare l’accoglienza a tutti i costi, l’otto per mille finalizzato alla costruzione delle moschee piuttosto che improbabili armi culturali per sconfiggere l’estremismo islamico che nel frattempo prende il sopravvento.

Qualche volta capita l’imprevisto (che si chiami strage di Bruxelles o tortura del povero Regeni) e allora tutti a fare fiaccolate o ad illuminare gli edifici con i colori della bandiera belga. Però sull’ideologia non si arretra di un millimetro e tutti coloro i quali invocano la linea dura sono dei volgari lepenisti o dei pericolosi razzisti ignoranti. Il tutto portato fino alle estreme conseguenze di rimetterci l’osso del collo lontano da casa o di rinunciare alla propria sicurezza interna. Qualcuno potrà obiettare che Regeni era in Egitto per motivi di studio, ma tutti sono abbastanza adulti per capire che, per spingersi in una zona calda e frequentare l’opposizione al regime piuttosto che i sindacati, ci deve per forza essere qualcosa di più. E che ci sia un quid di ideologico lo si vede da come gli opinion maker amplifichino il comprensibile dolore per una tragedia come quella accaduta in Egitto e si dimentichino per esempio di chi, come Fabrizio Quattrocchi, morì coraggiosamente strozzando soavemente tra le labbra il dolce nome della madrepatria. Ma quello era un mercenario, un volgare nazionalista.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:04