Da noi è sempre troppo tardi

L’Italia è l’eterno Paese del dopo, dell’ex post, della stalla che si chiude quando è troppo tardi, il Paese dove l’ovvio e il logico sembrano davvero appartenere a pochi. È il caso della manifestazione unitaria che i sindacati si apprestano a fare contro la legge Fornero e contro la politica economica del Governo. Eppure cinque anni fa filò tutto liscio quando il Governo Monti mise in piedi la manovra più suicida, anticostituzionale, depressiva, che la storia del Paese abbia mai conosciuto.

Nel novembre del 2011, infatti, l’esecutivo dei geni dell’intelletto e della sapienza, al solo fine di inginocchiarsi all’Europa, scodellò all’Italia una polpetta tanto avvelenata da passare agli annali della sconsideratezza. Resta negli occhi di tutti la famosa conferenza stampa nella quale il guru dell’economia professor Mario Monti, con una boria che appannava gli schermi, snocciolava i provvedimenti prima di cedere la parola alla professoressa Elsa Fornero, neo ministro del Lavoro.

Da quel momento ogni racconto è inutile, tanto i ridicoli singhiozzi del ministro hanno fatto il giro del mondo, eppure da noi succede anche questo. In un colpo solo il Governo Monti riuscì a mettere in mezzo alla strada una marea di persone pronte alla pensione, a ripristinare quella sorta di furto di stato sulla prima casa, ad espropriare ulteriormente i frutti dei risparmi e a dare il via all’aumento dell’Iva.

Una mazzata da stendere al tappeto un gigante, figuriamoci noi, eppure quella manovra fu addirittura chiamata “salva Italia”, roba da pazzi. Bene, anzi male, tutti sostanzialmente rimasero zitti e il grande artefice di quel capolavoro, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, firmò la legge finanziaria con l’aggiunta di encomio all’operato dell’esecutivo. Sta interamente qua l’ambiguità dei sindacati e di tanti altri come loro che in quell’occasione anziché fermare il Paese, impedire con ogni civile mezzo quella follia, scuotere il Parlamento affinché non si rendesse complice di tanto autolesionismo, rimase buono e accettò in silenzio. Eppure quella manovra andò in porto votata e sostenuta perfino dall’ex Popolo della Libertà e da tanti altri, triplice sindacale compresa, che, oggi a giochi fatti, la indicano come l’inizio di ogni male.

Solo un bambino, un ingenuo oppure un ipocrita poteva pensare che dalla legge Fornero e dagli altri provvedimenti l’Italia sarebbe ripartita per il successo e per il benessere, infatti, da quel momento siamo sprofondati in un abisso senza fine, che Letta e Renzi poi hanno contribuito a alimentare colpevolmente. In realtà la sola verità è che l’esecutivo Monti, signora Fornero in testa, ha tagliato le gambe definitivamente a un Paese già claudicante. Ecco perché manifestare oggi, protestare o scendere in piazza, non solo è meno efficace ma è tardivo e per certi versi demagogico.

Pensare poi che lo stesso Corrado Passera, che pure era autorevolissimo membro di quel Governo, faccia oggi parte dei contrari, francamente la dice lunga sul perché siamo ridotti allo stremo e al lumicino. Dopo cinque anni di devastazione della legge Fornero e alla luce di tutto il male che ha prodotto, non solo non dovrebbero servire manifestazioni per cambiarla, ma servirebbe il coraggio di restituire agli italiani quello che gli è stato tolto fino all’ultimo euro.

Eppure ancora girano nei talk-show personaggi bolliti e madamigelle impreparate, che la giustificano e la difendono con la scusa dell’assenza di risorse. Questi o queste figurine da teatro di Oscar Wilde, non dicono però come mai i soldi per l’inutilità degli ottanta euro, per il Jobs Act, per i salvataggi bancari, per i vitalizi e per le pensioni d’oro ci sono stati e ci saranno.

Non dicono come mai per pagare i costi di un’invasione incontrollata di extracomunitari le risorse si trovano, come si trovano per gli emolumenti e le liquidazioni dei manager di stato che devastano il devastabile, per mantenere una classe politica senza pudore e un esercito di assenteisti e nulla facenti di stato. Ecco perché altro che manifestazioni servirebbero al Paese e, se gli italiani sostituissero l’intuito alla pazienza, la volontà alla sudditanza, la sovranità alla pigrizia, tutto potrebbe cambiare e prendere finalmente il verso giusto, l’Italia può farcela, ma spetta agli italiani prenderla per mano e farla rinascere.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:51