Salvini, la Lega Nord e il Partito Magistrati

Se c’è una pretesa grottesca di assunzione arbitraria di identità politica altrui, è, a ben vedere, quella di Matteo Salvini e della Lega di farsi passare per un Le Pen, col suo Fronte Nazionale, in versione italiana.

Salvini e la Lega hanno con Le Pen in comune solo una sconfortante rozzezza, una non dissimulata inadeguatezza di fronte alle questioni nodali della nostra epoca. Per il resto la Lega è, resta e resterà un movimento velleitariamente antiunitario, in senso geografico oltre che politico. Un’ostilità alla Nazione che non ha neppure le radici nelle realtà preunitarie, nelle diversità marcate, e non sempre prive di valori positivi, tra i territori dei diversi Stati, spazzati via dal fenomeno risorgimentale Bossi, (che di fronte a Salvini era un gigante della politica) ha dovuto inventarsi, per il suo separatismo, la “Padania”, un’entità senza storia e senza neppure utilità toponomastica.

Il separatismo (né Bossi né Salvini, e, credo, nessun altro di quella parte, hanno un’idea plausibile del federalismo) della Lega non ha radici nelle resistenze al processo di unificazione nazionale. Resistenze che, se vi furono, furono più meridionali che settentrionali. Tra i Mille di Garibaldi la maggioranza era di Lombardi, Bresciani, Bergamaschi. E, poi Veneti, Genovesi. E se la storia non è “acqua passata”, il presente, l’Europa, esige la nostra unità Nazionale, sia per una partecipazione dignitosa e conveniente all’Unione europea, sia per qualsiasi forma, ipotesi, velleità di euroscetticismo e di riserva e di resistenza di fronte alle non poche incongruenze dei poteri europei.

La Lega è stata la palla al piede di Silvio Berlusconi. Certo, di un Berlusconi che aveva un obiettivo unico: quello di governare e non quello di farsi profeta di una nuova era ed il fondatore di una autentica forza politica. La caduta del primo governo Berlusconi, non si deve dimenticare, da chiunque (ma, ovviamente, come direbbe Alfredo Biondi, qualcuno è più chiunque degli altri) progettata, ordita, pianificata, fu provocata dalla stolta defezione della Lega. Del resto la Lega si gloriava di un atteggiamento di oltranzismo nell’adesione alla “rivoluzione giudiziaria” di “Mani Pulite” ed al “manipulitismo” più becero e fazioso. Berlusconi, scelta la strada della grande coalizione dei “moderati”, della “diga” contro il Comunismo, della acquiescenza al ruolo arranfato dalla magistratura, la strada di “anzitutto governare”, si dovette tenere quella palla al piede, ma ebbe almeno il merito di congelare per qualche tempo la “presa politica” della Lega, portandola al di sotto della soglia per fruire della quota proporzionale secondo il “Tatarellum”. La Lega, dal canto suo, fruì di una sorta di “legittimazione” della sua, altrimenti, marcata tendenza all’eversione per la sua partecipazione ai governi Berlusconi. A farle, poi, riprendere vigore ed a consentirle di erodere la forza del partito del suo benefattore ci pensò la magistratura, il “Partito dei Magistrati”. Si vuole oggi dimenticare che la sinistra (si fa per dire) è al governo ed è in maggioranza, grazie al “lavoro” strategicamente organizzato delle Procure e di tutto il P.d.M. Ma si è dimenticato ancor più facilmente che la “demonizzazione” di Berlusconi, l’indebolimento di ogni sua iniziativa politica, l’erosione del suo prestigio, perseguiti sfacciatamente dal Partito dei Magistrati ha alterato le proporzione dei voti e del peso politico in favore della Lega, che, dopo essersi giovata dei governi Berlusconi e della sua partecipazione ad essi, si è giovata ancor più della “deposizione” del Cavaliere e della fine dei suoi governi.

Oggi Salvini si propone di “sostituire” Berlusconi a capo di un centrodestra che, a tal fine, si fa carico di sfasciare e che la sua presenza, le sue velleità di oltranzismo reazionario e la sua grossolanità di per sé stesse indeboliscono. Demolisce il centrodestra per divenirne il capo. Che si tratti di una stupida pretesa senza senso e senza prospettive, solo uno come Salvini può non capirlo. Ma uno come Salvini può anche non capire che la distruzione completa di un centrodestra con prospettive di governo potrebbe essere ancor più deleteria per lui che per Berlusconi. Non parlo delle velleità dei “Fratelli d’Italia” della Meloni, che si affanna perché l’Italia, anziché “destarsi”, si addormenti nel Renzismo, sperando di ricavarne un qualche ruolo in un briciolo di opposizione che il “Partito della Nazione” lascerebbe, magari, ad una sigla politica insignificante che evochi l’Inno Nazionale. È la reiterazione dello sciocco tradimento di Fini, dal quale essa si era dissociata.

La conclusione non è che il centrodestra deve rassegnarsi e cercare qualcuno che gli pratichi una pietosa eutanasia. La conclusione è, invece, che si torni anche a Destra a fare politica, a ritrovare il culto dei propri ideali, a buttar via il sistema dei contorcimenti, del tirare a campare. Certo “politica”, è essenzialmente il governare. Ma le libere istituzioni, mentre devono essere difese da tutti, anche da quelli che (ancora) non governano, impongono che chi non ha il potere ed il consenso delle maggioranze non solo abbia il diritto, ma anche il dovere di cercare di ottenerli. Con un’opera che è ancor più delicata e nobile di quella di “stare”, comunque, al governo. Questo è il ragionare da liberali. Per me, per noi, per molti è semplicemente “ragionare”. Liberalismo e fede nella ragione segnarono l’epoca moderna. Potranno segnare un nostro futuro.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:55