
Marx direbbe che è tutta ideologia: “La maggior parte di quanto pensiamo di noi stessi e degli altri è pura e semplice illusione, è ideologia. Ciò che gli individui sono dipende dalla condizioni materiali”. K. Mannheim perfeziona il concetto sui condizionamenti sociali del pensiero, anzi, non sono gli uomini in generale a pensare, ma gli uomini inseriti in certi gruppi adattati a situazioni tipiche determinate. Non è corretto dire che il singolo individuo pensa, egli contribuisce a portare avanti il pensiero dei suoi predecessori e dei buoni maestri a cui fa riferimento. Freud si trova in sintonia: “Le folle non hanno mai provato il desiderio della verità. Chiedono solo illusioni, delle quali non possono fare a meno”.
Firme illustri del giornalismo italiano, brillanti commentatori dalla parola eloquente, giuristi eccellentissimi, confezionano notizie, formulano proclami, lanciano reprimende con gli occhi bendati da osservatori dell’età della pietra. Ripetono, sul tema delle unioni civili, frasi prive di senso: “È una vera beffa, all’estero ci ridono dietro”, “la nuova breccia di Porta Pia”, “il trasformismo e i diritti di libertà”. È andato in scena il solito “finale di partita” tra tifosi emotivamente turbati per la mancata vittoria e quelli che hanno evitato la sconfitta. Infatti, il premier Matteo Renzi ha suggerito la similitudine con il gioco del calcio, parlando di melina, ma avrebbe dovuto sottolineare il fenomeno del tifo cieco e fondamentalista tra contrari e favorevoli. Quelli che propongono certe posizioni non sono né carbonari per l’indipendenza dell’Italia, né partigiani che devono liberare l’Italia dal fascismo.
Con l’esaltazione passionale e l’entusiasmo intellettuale, gli ultimi Moicani dei diritti, i Robin Hood della dignità negata alle presenze umane sopravvissute alla tirannide della civiltà reazionaria gridano il diritto all’esistenza, con la spada fiammeggiante, recidono i conati di fuga possibili, condannano la lunga carriera delle disfatte dell’uomo, orfano di se stesso, impotente sovrano di un reame piovoso, per ridare una patria, un nome da ricomporre in qualche modo la spaccata identità. Così un giorno dopo l’altro, questi ieratici affabulatori, buttando sul tavolo tutte le carte dal sesso all’arte, dall’oppio al delitto, dalla disponibilità alla fermezza adempiono all’istruttoria del calvario terreno dell’uomo, senza ristoro per la fatica intrapresa, per l’eccelsa vittoria della suprema legge umana. Queste élites intellettuali hanno picchiato a quei portoni, dove la legge trova un incerto asilo; hanno cercato un effimero ristoro, coltivando temerarie illusioni. Sono andati pellegrini nei luoghi del diritto, dove il dettato della norma si mastica come la gomma americana, per eludere la forza della ragione. Travolti da un insolito destino cercano invano un approdo, una spiaggia che possa lenire il male dentro della inaspettata sconfitta, oscillando tra aspirazioni compensatorie ed un innato istinto gregario bisognevole di false rassicurazioni. Erratici prigionieri del nulla perpetuano una coazione a ripetere nel segno dell’insulto, della rapina del giudizio, della mistificazione dei fatti, della trasparenza dell’inganno.
La ministra Maria Elena Boschi ha illuminato la platea alla scuola di formazione del Partito Democratico, annunciando che al centro del problema delle adozioni c’è il benessere del bambino/a e, quindi, occorrerebbe fissare le condizioni migliori per la sua crescita e il suo sviluppo psicofisico. Appunto, il bambino che esiste e deve essere tutelato. Una risposta soavemente cadaverica. Diversa è la richiesta delle coppie dello stesso sesso ad avere un figlio/a, che ancora non c’è, che deve venire al mondo e che non attiene ai diritti, ma è un bisogno, un desiderio. Nella Costituzione non è scritto che per esserci una unione è condizione indispensabile che ci siano dei figli: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale…” (articolo 29). La legge deve prevedere le condizioni migliori per definire un ambiente in cui il bambino, a seconda delle vicende esistenti, possa vivere, nel migliore delle condizioni possibili. Per le unioni dello stesso sesso, salvo che non vogliano adottare un bambino/a già nato, si pone il problema del bisogno, dell’esigenza, del desiderio di far nascere un figlio/a con modalità diverse da quelle che detta la natura, un bisogno impossibile orizzontale. E tale diversa modalità per il nascituro deve anche assicurare che per il nato non potranno sorgere pregiudizi, soprattutto per l’esclusione della madre biologica o del padre biologico, a seconda se l’unione riguarda due donne o due uomini.
Sembra che le unioni tra persone dello stesso sesso siano regolamentate in gran parte dei Paesi occidentali ed ora anche in Italia; diversa è l’esigenza di avere un figlio da parte di coloro che non possono farlo nascere e devono ricorrere alla maternità surrogata, o maternità per altri, che forse potrebbe spiegarsi nel bisogno di uniformarsi alle coppie eterosessuali. Aver ottenuto in sostanza gli stessi diritti di coloro che hanno celebrato il matrimonio non sembra essere una conquista di poco conto, anche se in ritardo nel confronto con altri Paesi, mentre soddisfare il bisogno di avere un figlio/a con la maternità surrogata appare un problema diverso. Se abbiamo letto bene, il recente libro scritto dalla dottoressa Melita Cavallo sembra confermare questa impostazione: l’adozione di un bambino/a già nato da parte del genitore sociale già esiste; l’idea della mercificazione dell’utero è inaccettabile e va combattuta. Sull’obbligo di fedeltà, ora cancellato, non si può che essere d’accordo con le coppie dello stesso sesso. Le strade dell’infedeltà sono lastricate di lacrime e sangue. L’eterno rito apotropaico del sesso non trova indulgenza tra gli eretici che flagellano la carne. Ciascuno vorrebbe essere al posto dell’altro. Un misterioso, inesauribile viaggio in fondo ai limbi, inferni e paradisi perduti del cuore. Proporre un itinerario di riscatto che pretenda di guarire dal libertinaggio, attraverso la strada della legge, di correggere lo stigma originario della caduta non aiuta a raggiungere le vette dolorose della luce. La severa reprimenda delle debolezze umane non si dovrebbe interessare della contabilità degli incontri erotici, come avvenuto sui quotidiani più diffusi nel recente passato, proiettandola verso i grandi fasti matematici del futuro. Recita la legge (n. 184/1983 “Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori", modificata dalla legge 149/2001, che cambia titolo alla precedente legge n. 184 del 1983 - "Diritto del minore ad una famiglia" - e la rafforza) ancora in vigore sulle adozioni: il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell'ambito della propria famiglia. Le condizioni di indigenza dei genitori o del genitore esercente la potestà (responsabilità) genitoriale non possono essere di ostacolo all'esercizio del diritto del minore alla propria famiglia.
A tal fine a favore della famiglia sono disposti interventi di sostegno e di aiuto. Le principali modifiche alla disciplina dell’adozione, avvenute con legge n. 149 del 28 marzo 2001, sono state le seguenti: innalzamento da 40 a 45 anni dell’età che deve intercorrere fra genitori che aspirano all’adozione e il minore da adottare; trasformazione della procedura di adottabilità che ora avviene con sentenza e con maggiore rispetto del contraddittorio fra le parti; creazione di una banca dati elettronica nazionale presso il ministero della Giustizia per agevolare l’abbinamento fra minorenni abbandonati e coppie aspiranti; sufficienza del solo matrimonio fra gli stessi aspiranti genitori (prima era necessaria, oltre all’avvenuto matrimonio, anche la convivenza di almeno tre anni, ora invece sarà presa in considerazione anche la convivenza avvenuta prima del matrimonio); graduale chiusura degli istituti di ricovero entro il 31/12/2006 (dopo quella data non sarà più possibile ricoverare minori in Istituto ma solo affidarli a famiglie disponibili o a case-famiglia). La prima è più urgente riforma da approvare domani è la chiusura delle case famiglia; la fine della legalizzazione della tortura di bambini/e, della convalida della associazione a delinquere di stampo mafioso tra gli operatori del benessere dei minori; della tratta degli innocenti; del ricatto sulla vita dei bambini; degli affari illeciti sulla vita di minorenni e genitori che non hanno i mezzi per difendersi. Di questo, prima di tutto, dovrebbero interessarsi quei cantori dei diritti, comodamente seduti davanti al pc più abili a comporre hashtag per la delizia dei social network, protagonisti del regime del pressappoco.
Una lunga catena di errori che hanno funestato il popolo italiano, che hanno lacerato il tessuto sociale, che hanno prodotto il debito pubblico tra i più alti al mondo e creato le condizioni per la caduta dell’Italia, collocandola negli ultimi posti delle classifiche mondiali. L’avvento delle idee-forza, delle dichiarazioni rivoluzionarie, la esaltazione di improvvisati capipopolo hanno prodotto il regime del pressappoco. Una caduta culturale, scientifica, inarrestabile. Personaggi senza qualità, senza conoscenze adeguate sono assurti a testimonial del cambiamento, icone di una rivincita politica che poggia sul nulla, su temerarie frasi ad effetto mediatico, riprese come verità assolute da una stampa asservita agli interessi di editori-imprenditori che difendono i propri interessi economici. Il vero scandalo sono questa pletora di incauti commentatori, di opinion maker periferici, di ignoranti con la lode, che formano l’opinione pubblica di inappropriate cognizioni per il confronto e il dibattito.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:57