L’inganno dei congressi (Capitolo 27) Ci stiamo arrivando, ma prima di “trasmettere” la preannunciata cronaca in diretta di un congresso tipo, ci soffermeremo su un tema del quale anticipiamo qualche titolo. Si tratta del “voto di scambio”, ovvero di uno sporco tabù alla base delle vergogne politiche del nostro Paese; un’immensa vigliaccata con cui il potere garantisce se stesso, impoverendo il popolo per renderlo sottomesso, debole e abbordabile alla corruzione. Ne parliamo in questo passo del nostro corso perché, “guarda caso”, l‘impostazione del voto di scambio si è confermata quale consuetudine, proprio nell’ambito delle mansioni congressuali dei partiti.
Immaginiamo ora, quasi riconoscendogli una dignità che non sempre gli appartiene, che il dirigente di partito sia una specie di comandante d’una nave; è vero che altri “uffici” stabiliscono il porto di partenza, quello d’arrivo e la rotta da seguire, ma è anche vero che la nave la conduce lui. In spregio al dettato costituzionale, il partito politico è uno strumento totalmente travisato e chi lo dirige, ha possibilità d’interferine, più o meno direttamente, nell’ambito del potere esecutivo, come di quello legislativo e di quello giudiziario, nonostante quest’ultimo sia un caso a sé.
I congressi, come ripetuto più volte, “votano” i dirigenti dei partiti; sono momenti di elezione, dunque, presunti meccanismi democratici, ma la democrazia italiana li ha trasformati in una colossale truffa consumata ai danni del popolo. La diretta che “trasmetteremo”, sarà quella di un congresso provinciale riferito all’ormai noto territorio di un milione di abitanti, che siamo soliti usare come campione nei nostri capitoli. La ritualità congressuale è più o meno uguale per tutti i partiti; noi proseguiremo con l’esempio di quello cha conta circa 3mila o 3.500 tessere vere, più altrettante false. Stabiliti nel noto “tavolino del preordino”, i candidati e ogni altro particolare, il congresso “eleggerà” i singoli dirigenti che a loro volta formeranno i vari organi statutari che ogni partito chiama a modo suo.
Voti e preferenze confermeranno, più o meno, una quarantina di persone che saranno avvicendate, chissà quando, più per sopraggiunta vecchiaia che per democratico ricambio; il rinnovamento riguarda soprattutto gli “yes man”. A questo punto, gli “eletti” formeranno gli organi statutari provinciali come il segretario, la direzione, il presidente, l’ufficio di presidenza, il comitato e vari uffici che vanno dall’organizzativo all’amministrativo, da quello dei rapporti con la stampa a quello dei rapporti con gli enti locali, dal tesseramento al territorio e via discorrendo.
Saranno “eletti” anche i delegati al congresso di livello superiore, cioè regionale e poi nazionale. Il tavolino del preordino decide quasi sempre di riportare i candidati su una lista detta "unitaria" che, praticamente, “elegge” i candidati ancora prima che si votino. Le liste possono essere unitarie, concordate, contrapposte o altro, però cambia poco. I congressi sono blindati, ma talvolta qualcuno li scardina; se sapesse scardinarli il popolo, sarebbe una stagione nuova.
Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 17:17