
Nella stampa italiana è arrivata la rivoluzione o meglio il super-polo Repubblica-La Stampa che stravolge l’assetto dell’editoria. Cambiano anche gli azionisti di maggioranza del Corriere della Sera e della Gazzetta dello Sport per l’uscita della Fiat Chrysler Automobiles.
L’accordo (o memorandum d’intesa che sarà perfezionato e operativo entro il 2017) tra il Gruppo Editoriale L’Espresso (controllato per il 54 per cento dalla Cir di Carlo De Benedetti) e l’editrice Itedi (controllata per il 77 per cento dalla Fca che pubblica La Stampa e il Secolo XIX) porta alla creazione del primo gruppo italiano dell’informazione stampata e digitale.
In pratica sotto la coppia dei nuovi direttori Mario Calabresi e Maurizio Molinari si determinerà un aggregato che controllerà oltre il 20 per cento del mercato italiano della carta stampata e una grande fetta nel campo del digitale. L’unione tra i quotidiani (la Repubblica con i 13 giornali locali, La Stampa e Secolo) e periodici (L’Espresso) può contare su circa 5,8 milioni di lettori e oltre 2,5 milioni di utenti giornalieri sui loro siti d’informazione on-line. L’annuncio, a Borsa chiusa, della Fca guidata da Marchionne prevede “la piena autonomia editoriale”, mentre Monica Mondardini, amministratore delegato della Cir-L’Espresso, assumerà la guida della nuova società. Il primo commento è stato quello del presidente della Cir, Carlo De Benedetti (il figlio Rodolfo è Ad), secondo il quale “l’accordo segna una svolta importante per il gruppo L’Espresso che avvia un nuovo percorso di sviluppo, garanzia di un solido futuro in un mercato difficile”.
Il nuovo aggregato, secondo i bilanci del 2015, fa registrare un fatturato di 750 milioni di euro “con la più alta redditività del settore, senza alcun debito”. Nell’operazione, L’Espresso avrà in portafoglio circa il 43 per cento, l’Itedi il 16 per cento, la famiglia Perrone (Ital press holding) continuerà ad essere azionista di minoranza con una quota del 5 per cento, mentre la finanziaria Exor della famiglia Agnelli guidata da John Elkann avrà un 5 per cento “allo scopo di sostenere lo sviluppo di questo nuovo progetto imprenditoriale in campo editoriale”; altri azionisti Fca avranno l’11 per cento mentre il 36 per cento del capitale sarà costituito da flottante. L’accordo tra De Benedetti e gli Agnelli quale impatto avrà sul Corriere della Sera? L’uscita di Ezio Mauro dal quotidiano scalfariano e le nomine di Calabresi e Molinari a Roma e Torino avevano fatto presagire non solo il solito giro di direttori, ma che in pentola bolliva qualcosa di più consistente.
La Fiat Chrysler Automobiles, guidata da Sergio Marchionne, da qualche tempo mostrava segnali di voler ridurre la sua presenza in alcune parti dell’editoria per concentrarsi nel settore auto, di nuovo in forte espansione come evidenziato dal rilancio della Ferrari al salone di Ginevra. La Fca ha annunciato di voler distribuire ai propri azionisti tutte le proprie partecipazioni detenute nelle società editoriali, tra cui quella del 16,7 per cento in Rcs group, la società che pubblica il Corriere della Sera e la Gazzetta dello Sport. Secondo un comunicato, con questa operazione “giunge a compimento il ruolo svolto prima da Fiat e poi da Fca per senso di responsabilità nel corso di oltre 40 anni che ha permesso di salvare il gruppo editoriale dal fallimento in 3 occasioni, assicurando le risorse finanziarie necessarie a garantirne l’indipendenza e quindi a preservarne l’autorevolezza”.
È proprio così? La storia dell’editoria degli ultimi quarant’anni non racconta questo percorso. Gli Agnelli dai tempi dell’Avvocato e della gestione del ramo editoriale da parte di Luca Cordero di Montezemolo hanno voluto avere sempre le mani in pasta nei giornali. L’ultima dimostrazione viene dall’operazione “The Economist”, dove la famiglia torinese nell’agosto del 2015 è diventata il principale azionista del settimanale inglese con il 43,4 per cento, sborsando al gruppo Pearson ben 287 milioni di sterline, ossia 405 milioni di euro. Oggi nel commentare l’operazione, John Elkann, dopo aver sottolineato “l’avvincente progetto imprenditoriale”, ha ricordato che il suo prozio Carlo Caracciolo (della famiglia) contribuì a fondare la Repubblica con Eugenio Scalfari. Per Carlo Perrone, infine, i profondi mutamenti generati dall’evoluzione tecnologica e digitale impongono di rinnovarsi costantemente, “per offrire sempre la migliore informazione ai propri lettori”.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:48