La modernità   contro il Medioevo

Da una parte la modernità, i diritti, la civiltà, il progresso, il rifiuto delle discriminazioni. Dall’altra il Medioevo, la negazione dei diritti, l’oscurantismo, il tradizionalismo, la discriminazione. È questa l’immagine che i mezzi di comunicazione danno del confronto parlamentare sulle unioni civili e accessori. Da una parte ci sono i colori dell’arcobaleno, il rosso, il giallo, il verde, il profumo dei gelsomini e delle mimose. Dall’altra il grigio, il bianco, il fumo delle candele, l’odore dell’incenso. Da una parte gli appelli di 400 artisti e intellettuali. Dall’altra l’invito al voto segreto (di coscienza) del cardinale Bagnasco. Fa comodo far credere che da una parte c’è il nuovo, dall’altra il vecchio: la sinistra, la destra.

All’idea della radicalizzazione sinistra-destra concorre anche la sinistra-dem, quando dichiara che il ddl Cirinnà non è modificabile. Ma qui, i diritti c’entrano poco, perché al centro c’è solo la competizione interna al Partito Democratico. La contrapposizione vera sta da un’altra parte. È là dove si vuol far credere che l’Italia è fatta da due popoli, di composizione “antropologica” diversa, fatta da chi nega e chi concede i diritti civili. Da una parte, ci sarebbe la forza della ragione e della modernità, dall’altra il popolo della contrarietà immotivata alle novità. Un’immagine distorta questa, soprattutto perché l’attivismo arrabbiato pare risiedere da una sola parte, mentre altrove, s’intravede solo la cautela di chi fa del dubbio la condizione naturale dell’essere.

Quello che sgomenta è l’idea che la rincorsa ai diritti, così come vengono di volta in volta declinati, debba essere per forza un evento ineluttabile, oggettivo, da condividere aprioristicamente, in quanto buono in sé. Invece, c’è chi ritiene che la rincorsa verso il traguardo dei nuovi diritti, (che scivolano sempre più in avanti), possa anche assumere direzioni diverse. Del resto, come non vedere che questo approccio, ontologicamente modernista, è completamente privo di ogni percezione su dove questa rincorsa sia destinata ad approdare?

Habermas ha più volte posto in dubbio la solidità di una comunità di uomini così fatta, riversa cioè su se stessa e caratterizzata dalla reciproca rivendicazione di diritti, spesso in conflitto tra loro. La critica va anche alla Corte europea di Strasburgo, supercitata spesso a sproposito, e invocata dai paladini nostrani dell’ampliamento dei diritti. Ma, chi non vede che la Corte di Strasburgo è, per sua natura, una corte senz’anima, cioè senza un’idea di comunità e quindi di futuro? Si regge, grazie a Dio, sui fondamenti liberali e democratici. Indica nitidamente un sicuro traguardo, che esclude ogni forma di comunismo o di fascismo, ma qui si ferma. Dopo aver collocato al vertice dei suoi principi la democrazia, non dice come si devono relazionare gli individui tra loro.

La Corte non risponde soprattutto a una domanda. Dobbiamo garantire soltanto i diritti degli individui, o anche quelli delle “formazioni sociali”? Senza il rafforzamento dell’idea di comunità (famiglia, impresa, scuola, confessioni laiche e religiose), la società democratica è destinata a decomporsi in un destino “liquido”, di non facile ricomposizione. Per questo non guasterebbe la riscoperta e la modernizzazione anche dei vecchi diritti, secondo la classica concezione vichiana. Perché non vedere che le tendenze del capitalismo contemporaneo ci hanno già portato verso un nuovo stadio “eroico”, dove tutto è dominato dall’aristocrazia dell’individualismo dei più forti? Perché non vedere che ciò che serve al liberalismo contemporaneo è qualcosa di più evoluto, composto non soltanto dalla forza degli individui ma anche dalla complessità delle formazioni sociali, delle comunità, a partire dalla più piccola: la famiglia?

Invece accanto ai movimenti arcobaleno non si vede altro. Chi difende oggi l’insieme dei diritti “comunitari” dell’uomo, dichiarati dalla Costituzione nelle “formazioni sociali”, ma non percepiti, perché offuscati dalla convinzione che il primato assoluto è da riservare solo e soltanto ai diritti individuali?

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:03