
È davvero ora di smetterla con gli annunci e con i tentativi d’intervento sul sistema previdenziale al solo fine di fare cassa, per tappare sia le voragini del passato e sia quelle del presente. Oltretutto, questo inaccettabile stile di Governo con Matteo Renzi ha assunto una caratteristica “kafkiana” che spesso costringe gli stessi ministri a patetiche precisazioni sui temi.
Inutile farne l’elenco perché, specie sull’economia, dovremmo riempire un vocabolario di figuracce, fra dichiarazioni, smentite, previsioni, correzioni e puntualizzazioni. Come se non bastasse, in tema previdenziale ci si dimentica che la follia della Legge Fornero ha già creato un clima da guerra civile, tra chi nel Paese vive con i diritti di prima e chi è costretto a subire quelli del dopo. È proprio su questo che si gioca il futuro del welfare e in qualche modo della sostenibilità dei suoi conti e di quelli del Paese, perché sia chiaro, piaccia o preoccupi, i nodi della voragine Inps prima o poi verranno al pettine se non si inizierà a discutere di diritti acquisiti.
Del resto l’esasperazione sociale nasce proprio dal fatto che, continuando ad intervenire solo per il futuro, si correggono i conti parzialmente e si creano ingiustizie e fratture generazionali tra chi gode di vantaggi e privilegi vergognosi e inaccettabili e chi rischia la sopravvivenza. Il sistema previdenziale va rivoluzionato e la rivoluzione deve partire dalle assurdità concesse in decenni di follie legislative da una politica ipocrita e cattocomunista.
Pensioni d’oro, vitalizi, doppie e triple erogazioni, baby pensioni, previdenza e assistenza unificate, rappresentano il fulcro di una pletora di privilegi, incongruenze e diseconomie che vanno corrette una volta per tutte. Del resto, non si capisce secondo quale principio morale e fiscale debba valere la cosiddetta redistribuzione, fra chi tanto ha avuto e accumulato e chi soffre e fa fatica. Gli stessi sindacati, che tanto tuonano e pontificano a favore di una patrimoniale sui ricchi, tacciono pateticamente sui mille privilegi previdenziali esistenti, che gridano vendetta al cospetto della giustizia sociale. La previdenza, infatti, nasce nella storia dei Paesi per riequilibrare e garantire in modo giusto e proporzionale tutti, a partire dai più deboli, l’assurdità del nostro sistema è che invece i più deboli li colpisce e tartassa a favore dei più fortunati. Per questo o si ha il coraggio di rivoluzionare il nostro welfare intervenendo a fondo e proporzionalmente sulle follie del passato, oppure non solo l’insostenibilità prima o poi presenterà il drammatico conto, ma il disagio e la discriminazione finiranno per esplodere. In Italia, infatti, previdenza e fiscalità hanno sempre avuto un percorso assurdo e parallelo, più si aprivano i buchi del passato e più si tartassava e penalizzava il presente per tapparli, per questo siamo arrivati ad avere oneri impositivi esasperanti, soffocanti e da rivolta civile.
Serve onestà, coraggio e realismo. Serve una grande, vera riforma fiscale e previdenziale che ristabilisca giustizia ed equità fra tutti, giovani e anziani, altrimenti reversibilità o meno, salteranno non solo i conti, ma con ogni probabilità anche la rabbia dei cittadini. In buona sostanza, si verifichi per ognuno e con certezza il discrimine fra contribuzione e retribuzione, fra chi riceve rispetto al versato e chi rispetto al privilegio, fra chi merita e chi specula, chi sguazza e chi soffre. Solo così e dopo averlo fatto, il passato e il presente non saranno mai più armati l’uno contro l’altro.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:55