Se i giudici “associati”   sono da ricusare

Leggo senza stupore, perché oramai nessuna presa di posizione della magistratura italiana può sorprendermi, che l’Associazione Nazionali Magistrati, per bocca di un suo esponente, tale Miazzi, “ha già assicurato” alla giudicessa che ha condannato il tabaccaio padovano che ha ucciso un uomo che tentata di rapinarlo, l’assistenza legale nel caso che intenda querelare il Vescovo di Chioggia, Adriano Tessarollo che, su di un settimanale aveva pesantemente commentato tale sentenza, sottolineando il carattere di “continuazione della rapina” contro il gioielliere raggiunto dalla condanna, cosa che ha suscitato clamorose reazioni negative nella popolazione della zona.

Io non sto a discutere la sentenza (se non per sottolineare che l’Italia è il Paese in cui la legittima difesa è confinata in limiti tali da comportare la sua quasi soppressione). Né voglio commentare le opinioni del Vescovo e la loro conformità al precetto di “offrire l’altra guancia” (benché abbia sempre considerato l’imposizione di Pannella al fu Partito Radicali la professione del rifiuto della violenza anche per legittima difesa, una solenne baggianata, mentre Papa Bergoglio ammette il calcio in quel posto a chi offende i nostri genitori).

Ciò che mi allarma, anche, come ho già detto, se non mi sorprende, è il fatto che l’Associazione Magistrati si proponga come compartecipe di un’azione legale (Costituzione di parte civile) di una sua aderente. Nel caso quest’ultima decida di querelare il Presule (sulla stampa, significativamente, il titolo dato alla notizia: “L’Anm vuole querelare il Vescovo”, per quanto impreciso, va dritto al nocciolo della questione) si avrebbe una manifesta incompatibilità di tutti i magistrati, o, almeno di tutti quelli iscritti alla Associazione di categoria, a trattare la questione. Il Vescovo avrebbe il sacrosanto (ma non per appannaggio della sua carica) diritto di ricusarli tutti.

Più volte, ad esempio quando si è discusso della “responsabilità civile” dei Magistrati mi è accaduto di dover affermare che, per rendere effettivamente utilizzabile la legge in proposito, occorrerebbe stabilire la competenza ad applicarla ed a giudicare i Magistrati, non i giudici di altro distretto (che tutti quanti sono riottosi ad “accettare” quella legge) ma, che so, i pompieri, i veterinari, gli ingegneri.

Io non credo che la giudicessa che ha avuto la mano pesante contro l’autodifesa del gioielliere rapinato si voglia esporre ad un giudizio contro S.E. Monsignor Vescovo di Chioggia, Andriano Tessarollo, né potrei prevedere se S.E., se effettivamente querelato, vorrebbe tutelarsi esercitando la sua “legittima difesa” giudiziaria dai Magistrati, con la loro ricusazione specie in considerazione del fatto che ha così ben sotto gli occhi la legittima difesa negata al gioielliere. Ma il caso merita egualmente di essere preso in considerazione. Anche perché, più che dei processi in cui, come in questo, una imprudente dichiarazione di “compartecipazione giudiziaria” è stata fatta, ce ne sono molti altri in cui tale “compartecipazione” non manca davvero, ma non viene dichiarata.

Vorrei che qualche autorevole giurista cominciasse a pronunziarsi sull’argomento. Non dico che sarebbe anche il caso che un Parlamentare interrogasse in proposito il povero ministro (si fa per dire) Andrea Orlando. Sono tutti distratti da altre, importantissime, cose. Non possono preoccuparsi se i giudici sono, al contempo, “parti civili”.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:00