Bugie e gambe corte

A tutti quelli che cadono o fanno finta di cadere dal pero per il disastro della Borsa di Milano, che più delle altre sprofonda all’inferno, noi diciamo che questo è solo un assaggio della forza dei mercati, quando decidono sia di speculare e sia di attaccare l’ipocrisia e l’idiozia. I mercati, infatti, né si fanno prendere in giro né distribuiscono giochetti e caramelle come fosse Halloween, al contrario puniscono e colpiscono senza pietà chi cerca di fare il furbo con loro.

Da noi il sistema bancario, a parte alcuni casi, non solo da anni è al centro di vicende opache e di scandali, ma non opera e funziona come dovrebbe e, proprio per questo, ha accumulato una fragilità e una vulnerabilità tra le più evidenti. La solidità e l’affidabilità di un sistema di credito non si misura, infatti, solo con le garanzie cosiddette “reali”, chieste in cambio di erogazioni, ma con la specializzazione settoriale, con la trasparenza del funzionamento, con la chiarezza dei bilanci e con la giusta profittabilità ed affidabilità delle operazioni che compie.

Bene, anzi male, in Italia tutte queste condizioni in larga parte sono venute meno e anno dopo anno, in molti casi, l’accumulo di magagne nascoste, di interventi temerari, di fusioni appiccicate e disponibilità ai finanziamenti più improbabili, hanno creato condizioni di debolezza, di rischio e di tenuta dei conti da pelle d’oca. Basterebbe andare a ripercorrere la storia degli ultimi dieci/quindici anni di molti dei nostri istituti di credito, grandi e piccoli, per rendersene conto.

Come se non bastasse, la Borsa italiana, diversamente dalle altre, è intrisa di banche, in più solo nel “sistema italiano” gli Istituti fanno di tutto, entrano ovunque, si occupano di un’infinità di cose che nulla hanno a che fare con la filosofia dell’essere banca. Insomma, l’Italia molto più degli altri Paesi è “banca dipendente” e questo la speculazione lo sa bene, talmente bene da poter colpire a botta sicura, colpire le banche significa colpire al cuore il nostro Paese. Per questo la politica e i governi, in questi anni, avrebbero dovuto attrezzarsi e intervenire con una rivoluzionaria riforma del sistema del credito, anziché tamponare, rabberciare o peggio ancora inciuciare, al solo fine di mettere la polvere sotto il tappeto. Insomma, si è pensato di fare i furbetti sia ai danni dei risparmiatori che dei contribuenti e per certi versi peggio ancora, dei mercati.

Orbene, se i risparmiatori, e purtroppo i contribuenti, null’altro possono se non soccombere di fronte all’obbligo e al potere, i mercati no. I mercati se la ridono e non aspettano altro che il minimo destro per colpire a sangue, ecco perché precipitiamo, ecco perché Milano sprofonda due/tre volte di più delle altre Borse occidentali. Stiamo rischiando grosso e non solo perché il Monte dei Paschi di Siena alla fine dovrà, forse, arrendersi e finire in altre e preordinate mani, ma perché l’intera sorte del nostro Paese è ancora legata mani e piedi al sistema del credito e, purtroppo, conseguentemente a quello del debito.

Per tale ragione Matteo Renzi avrebbe dovuto guardarsi bene dal fare gradassate in un momento delicato come questo, con l’Italia sotto esame dell’Unione europea, con la questione della Bad Bank e con la fragilità dei nostri conti, che il Premier dovrebbe conoscere a menadito, eppure tant’è che il risultato è quello che viviamo in questi giorni. Dunque, non si dia la colpa solo al prezzo del petrolio, che pure sprofonda nell’abisso dal quale viene estratto, ne esistono altre di colpe, evitabili e correggibili a partire da subito, ora e qui. In conclusione, a buon intenditore poche parole, o meglio, “cum grano salis” per così dire. C’è di mezzo l’Italia e gli italiani.

Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 16:59