
I burocrati assisi sulle poltrone europee difendono astrusamente, inascoltati, Schengen, ma non hanno fatto niente per creare nessuna delle condizioni perché le loro parole oggi non siano fiati sprecati d’aria. Dove sono oggi le condizioni per il mantenimento di Schengen? Chi ci ha pensato? Chi le ha costruite e volute? Campa cavallo adesso con il controllo delle frontiere esterne che avrebbe potuto costituire l’unica garanzia possibile a salvaguardia della libera circolazione delle persone nello spazio Schengen.
Abbiamo mandato dall’Italia miracolati di lusso a fare il nulla in Europa, e adesso godiamoci la loro dispendiosa inutilità. L’Europa non è la dependance dei trombati o amici inetti miracolati, l’Europa è il fulcro dell’avvenire di tutti noi, che bisogna correre a ricostruire inserendola all’interno del più ampio ordine mondiale. Questa Europa è da rifare, a cominciare dalle modalità degli incontri finalizzati alla emanazione di comunicati ufficiali che lasciano in sospeso le questioni tattiche, di eventi social media che non favoriscono affatto l’elaborazione di strategie a lunga scadenza. Più che dichiarazioni, qui c’è bisogno di convinzioni e celeri attuazioni comuni. Si guardi al vertice di dicembre scorso che ha fallito; adesso se ne riparlerà tra altri sei mesi.
I fatti, al contrario, dimostrano che dei 170mila rifugiati in Italia ed in Grecia che sarebbero dovuti essere redistribuiti in due anni nel resto dei Paesi europei, ne sono stati ricollocati unicamente 272 da settembre 2015 ad oggi. O che operano in tutto tre soli centri di registrazione e di identificazione, su undici. Non si dà applicazione ad alcunché, e questa Europa è nel marasma in un frammischiarsi tra migranti e terroristi islamici, società laica con accoglienza impossibile e ordine pubblico sovvertito, ed Islam invasore violento, come hanno dimostrato le recenti aggressioni ed i reati di ben mille arabi e nordafricani a Colonia e i fatti, parimenti scioccanti, di Amburgo e Stoccarda. In Norvegia, Svezia e Danimarca, con il ripristino dei controlli alle frontiere, sono saltati sessanta anni di libera circolazione, così come in Germania, Francia ed Austria. A ciò si aggiunga l’economia eterodiretta dalla Bce, che però non dà luogo a crescita e la disoccupazione che sale. È la stabilità stessa sociale e politica degli Stati membri ad essere messa in discussione. Cambiare e sopravvivere, o morire, dopo Colonia, per non aspettare il resto in arrivo. L’Europa deve trovare il perno intorno cui governare se stessa. Una propria ricostruzione politica con cui fare fronte alle numerose emergenze.
L’Italia, da parte sua, deve darsi presto un governo politico eletto. In tutta l’Unione monetaria, nel periodo dal 2007 al 2014, il debito pubblico è aumentato dal 64,9 per cento al 92,1 per cento e, nello stesso periodo, l’Italia ha visto crescere il proprio debito pubblico dal 99,7 al 132,3 per cento. Renzi, mai eletto, ha aumentato tasse e spesa pubblica. Serve l’esatto contrario: un governo italiano eletto democraticamente che abbassi le tasse e la spesa pubblica. Da noi serve porre fine all’effetto dei magheggi a tradimento, arbitrari discrezionali ed antidemocratici di Napolitano in combutta con l’intera sinistra e suoi prolungamenti. Serve, per fare politica in Europa, un’Italia politica effettiva e autentica.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:59