La democrazia è confronto

Se noi ci fermassimo a riflettere non avremmo difficoltà alcuna a comprendere quali e quanto grandi siano le sfide che ci attendono e che, volenti o no, siamo costretti ad affrontare. Evoluzione tecnologica, globalizzazione, recrudescenze politiche o religiose non sono fenomeni ai quali possiamo restare indifferenti, chiusi nel nostro mondo, come se i diritti che affermiamo di difendere fossero piovuti dal cielo, ovvero elargiti da una benevola Entità Superiore, e non, invece, il risultato di un eterno conflitto che esprime la logica delle cose.

Ogni giorno, quando indossiamo la toga per rappresentare una persona, siamo costretti a fare i conti non soltanto con le asettiche regole dettate da un codice o elaborate dalla tradizione giurisprudenziale, ma dobbiamo confrontarci con persone, mezzi di informazione, tendenze politiche, opinioni, emozioni e suggestioni di cui non possiamo non avvertire il perso. E, ogni giorno, dobbiamo adeguarci alle cose che cambiano, modificandosi sotto i nostri occhi: a volte, impercettibilmente; altre volte, all’improvviso, drasticamente. Ma, sempre, inevitabilmente e, sempre, nella direzione sbagliata.

Il mondo cambia: una mutazione che non possiamo eludere o trattare con indifferenza, quasi si trattasse di affari che non ci riguardano. Sono stati sufficienti pochi morti per indurre un Governo definito ed autodefinitosi progressista ad adottare misure eccezionali, a proclamare lo stato di emergenza ed a sospendere garanzie fino ad oggi mai messe in discussione. È bastato un alito di vento per farci ritornare a tempi che speravamo di avere definitivamente collocato nella memoria dei fatti storici.

La sindrome dell’emergenza, di matrice terroristica, mafiosa o economica, esalta la paura e comprime i diritti con il consenso, quando non il plauso, di coloro che, per primi, ne sopporteranno le conseguenze. C’è sempre un’emergenza da affrontare; c’è sempre una contingenza che impedisce di progredire, di consolidare posizioni che si ritenevano raggiunte. Potremmo dire, senza incorrere in errore, che l’emergenza, nel contesto generale, rappresenta la normalità ed è, di fatto, istituzionalizzata.

Il novero dei diritti quesiti si è progressivamente affievolito e, oggi, il diritto alla libertà e alla difesa non appartiene certo a questa categoria. Affiorano, con inquietante tracotanza, evocazioni di concetti e istituti che ritenevamo di avere superato. C’è chi sostiene, infatti, che, di fronte ad alcuni fenomeni criminali, le presunzioni possono prendere il posto degli indizi e gli indizi delle prove. C’è chi afferma che la difesa della collettività vale il sacrificio dei diritti dei singoli individui. C’è chi vorrebbe estendere all’intero territorio della comunità pratiche di censimento etnico inaccettabili e farne una regola generale. Non possiamo permettere che questo accada. La conquista della soggettività politica, della quale facciamo un vanto, implica assunzione di responsabilità, realismo, determinazione. Non basta più opporsi all’acquisizione di atti ripetibili o reagire alle soverchierie di un magistrato insensibile e sbrigativo. Occorre guardare oltre: è necessario comprendere che se cambia il mondo, anche noi dobbiamo cambiare e adeguarci alla nuova realtà. Il Trattato di Lisbona, la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, le norme sul Mandato di arresto europeo e la Procura europea hanno sancito la definitiva cancellazione dei confini nazionali, proiettandoci su un palcoscenico mai calpestato in precedenza e, soprattutto, mettendo a nudo le nostre debolezze. Ci servono alleati; da soli, non ce la possiamo fare.

L’Unione delle Camere Penali italiane non ha né la forza, né la capacità di affrontare interlocutori che siedono nella stanza dei bottoni della Comunità Europea, dalla quale decidono, senza battere ciglio, quali sono i criteri sulla base dei quali i giudici nazionali potranno disporre l’ablazione di interi patrimoni. Dobbiamo cambiare anche noi e, in questo cambiamento, trovare il coraggio di riscrivere le regole stesse della nostra partecipazione all’Associazione, trasformandola in una federazione, ma salvaguardando i principi democratici che da sempre la caratterizzano. Mi riferisco alla necessità di superare anacronistici localismi senza compromettere in alcun modo le autonomie territoriali nel quadro di scelte politiche generali e condivise; ad un nuovo ruolo del Consiglio; a nuove regole di elezione. Perché nel momento più difficile della nostra Storia, noi dovremo ricominciare a fare sentire la nostra voce, a rivendicare il rispetto di diritti oggi in discussione, a presidiare confini troppe volte e sempre più spesso violati. Non è più accettabile il baratto dei diritti della persona con una opinabile sicurezza e ci opporremo all’incedere di ogni suggestione autoritaria, accettando il rischio della impopolarità. Non avremo mai governi amici, né, mai, ci accosteremo all’Autorità, nazionale o comunitaria che sia. La nostra indipendenza è stata e continuerà ad essere l’espressione della nostra idea di libertà e giustizia.

Ascolteremo e ci faremo ascoltare; tratteremo, se del caso; Ma faremo in modo che la linea del non negoziabile sia chiara e visibile per i nostri interlocutori, ricordando loro che coincide con i principi della Costituzione delle convenzioni internazionali. Ci apriremo al mondo che cambia e ci uniremo ai nostri confratelli europei, dando il nostro contributo alla creazione di una casa comune dei diritti, protetti in tutto territorio dell’Unione. E ci occuperemo, anche, della protezione degli avvocati perseguitati per il solo fatto adempiere al dovere di tutelare gli accusati. Libertà e democrazia non sono conquiste intangibili, ma necessitano di attenzioni continue. Se ci crediamo, possiamo. È sufficiente non avere paura e non dimenticare mai il volto e lo sguardo di coloro che affidano alle nostre mani la loro libertà. I cambiamenti portano frizioni e le frizioni producono conflitti, sì. Soltanto uno sciocco penserebbe che la democrazia cresce con acclamazioni plebiscitarie e con consenso unanime. La democrazia è confronto, che si difende giorno per giorno, come giorno per giorno si difendono le libertà civili.

Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 17:19