
Pubblichiamo volentieri due lettere di detenuti del carcere di Sollicciano consegnate a Rita Bernardini dopo la visita del giorno di Natale fatta insieme a Marco Pannella e ad altri esponenti radicali. Perché la conoscenza delle effettive condizioni inumane in cui i detenuti si trovano a scontare la propria pena non resti prerogativa dei (tuttora) pochi che hanno a cuore il ripristino della legalità e il rispetto dei diritti umani previsti dalla Costituzione e dalla giurisprudenza europea anche quando si affronta il volto più duro della giustizia che è l’esecuzione della pena.
Lettera n. 1
Siamo i detenuti del carcere di Sollicciano, volevamo innanzitutto ringraziarvi del vostro interessamento che ogni anno date ai problemi che attanagliano le carceri italiane. Con questo nostro scritto volevamo informarvi della situazione attuale in cui viviamo o, meglio, “sopravviviamo”. Quotidianamente. Siamo costretti a combattere una lotta che sempre più ci sembra ardua; la nostra è una speranza che si fa sempre più debole. Vorremmo esporvi alcuni dei problemi, a partire da questa struttura fatiscente dove dalle mura crepate casca acqua sia nelle sezioni che nelle celle e le infiltrazioni creano una forte umidità. Spesso manca l’acqua calda e il riscaldamento spesso non funziona. L’assistenza medica è inadeguata e scarseggia di medicinali. Per quanto riguarda il servizio educatori ci è difficile o è quasi impossibile effettuare un colloquio con loro. Parlando del vitto è scarso e di qualità scadente. Per concludere l’argomento i prezzi del sopravvitto sono altissimi pur essendoci una legge che dovrebbe compararli ai prezzi del supermercato più vicino al carcere. Queste sono solo alcune delle situazioni che viviamo al giorno d’oggi. La nostra fievole voce speriamo che tramite voi diventi un grido per i nostri diritti umani soppressi da questo Stato. Rinnoviamo il nostro ringraziamento da parte di tutti noi detenuti e approfittiamo per farvi gli auguri di buone feste. P.S.: aggiungiamo che la Sorveglianza non ottempera alle nostre esigenze.
Lettera n. 2
Siamo i detenuti del carcere di Sollicciano. Con la presente ci rivolgiamo a voi per far sentire la nostra voce di ciò che si vorrebbe tenere all’oscuro in merito ai problemi che incontriamo quotidianamente: nelle celle ancora oggi, nel 2016, gli agenti spengono le luci centralmente alle ore 21; in alcune sezioni presenza di topi nelle stanze; spesso l’acqua delle docce è fredda, oltre che essere otturati gli scarichi delle stesse; quando piove entra l’acqua dai vetri e dai muri in tante celle; vitto immangiabile del tutto; assistenza sanitaria limitatissima; il lavoro è scarso e quel poco che c’è viene remunerato vergognosamente (2-3 euro l’ora lordi) oltre al fatto che, in caso di malattia il licenziamento è immediato; quanto ai colloqui con i familiari, in particolare in presenza di figli minori, accade che, pur avendo il carcere la piena disponibilità di una grandissima sala colloqui detta “area verde” o “giardino degli incontri” destinata ad incontri prolungati soprattutto con i figli minori perché munita di giochini e tanto spazio, l’area ci viene negata e così siamo privati di un giusto colloquio con i nostri figli.
Lettera n. 3
Con questo documento, i detenuti di Sollicciano portano a conoscenza alcune delle problematiche di questo carcere che, quanto a struttura, pur essendo stato costruito nel 1980, versa in condizioni fatiscenti.
a) Piove dentro le celle, piove nei corridoi: gli spifferi causati dal decrepito stato degli infissi aggravano il freddo d’inverno, mentre d’estate contribuiscono a far raggiungere temperature anche di 42/43 gradi. Le celle sono sprovviste di acqua calda e doccia in contrasto con quanto previsto dal regolamento penitenziario. Le uniche docce, che sono in condizioni da schifo, sono 4 per 43 detenuti. Questa situazione incide sia sul piano sanitario che su quello umano: patologie come funghi, dolori, influenze aggravate sono all’ordine del giorno; b) mancanza di lavoro. Quel poco che c’è è mal retribuito e con nessuna prospettiva lungimirante per il futuro. Se la funzione del carcere è, secondo il pensiero comune, un momento di espiazione della pena, deve anche essere un accompagnamento verso la società, attraverso il lavoro e la cultura. Il lavoro così come è strutturato all’interno dell’istituto ha una funzione diseducativa, oltre al fatto che non è per tutti, poiché i lavori offerti sono: porta-vitto, scopino, scrivano i quali, fuori di qui, non trovano alcuna possibilità di collocamento e, quella minima parte di detenuti che lavorano presso la cucina o la Manutenzione ordinaria dei fabbricati (Mof) non ha alcun titolo di qualifica. Per ovviare a questo, noi vorremmo che il carcere di Sollicciano prendesse accordi con aziende esterne per portare all’interno del carcere corsi di formazione con conseguenti lavori qualificati; c) la scuola all’interno di Sollicciano, facendo un’analisi non è il massimo, ma considerato che è a Sollicciano è già troppo; forse grazie ai docenti che riequilibrano le carenze; d) nonostante che il Regolamento penitenziario preveda una cucina ogni duecento detenuti al massimo, qui a Sollicciano siamo 650 detenuti con una sola misera cucina. Insomma, lo Stato non rispetta le sue stesse norme, come per l’acqua calda/docce all’interno delle celle, gli spazi comuni, il lavoro. La domanda che ci facciamo è la seguente: “Lo Stato chiede a noi di essere onesti, ma lo Stato è onesto?”. Evidentemente, no. La percezione che abbiamo qui dentro è che tutto, o quasi, sia illegale e, di conseguenza, questo non aiuta a capire il nostro “errore”. Tutto il nostro percorso dall’inizio alla fine della carcerazione dovrebbe essere preso in carico dall’area trattamentale; diciamo “dovrebbe” perché qui a Sollicciano nella maggior parte dei casi sono assenti gli educatori. Di fronte ad una richiesta di colloquio con il proprio educatore si verificano attese di un minimo di 9 mesi, ma si arriva anche ai 3/4 anni. Queste assenze ingiustificate comportano ritardi per accedere ai benefici della Legge Gozzini; e) in Italia non c’è una legge che preveda rapporti affettivi e sessuali in carcere con il proprio partner. Lo Stato ritiene infatti che a noi dovrebbero bastare le sei ore mensili di colloqui concessi dal Regolamento penitenziario sotto il controllo a vista del personale del Corpo di polizia penitenziaria, escludendo così qualsiasi tipo di intimità; ai colloqui si aggiungono 40 minuti mensili di telefonate (dieci minuti a chiamata per 4 telefonate) che non possono e non sono sufficienti a garantire la stabilità familiare incidendo in modo oltremodo negativo sul percorso riabilitativo. Domanda: questo è lo Stato che dovrebbe rieducarci? No, perché continua esso stesso ad infrangere i principi fondamentali della Costituzione, a partire dall’articolo 27, facendoci così rimanere “detenuti a vita”.
Riepilogo di quanto scaturito da una riunione di 14 detenuti
Telefonate: La maggior parte dei detenuti hanno sollevato il problema legato al limite delle telefonate. Attualmente, 10 minuti a settimana su telefono fisso o 10 minuti ogni 15 giorni su telefono cellulare. Questa differenza è ingiusta perché esistono famiglie che non possono permettersi una linea fissa; inoltre, anche per i numeri fissi mantenere un minimo rapporto con i familiari sentendoli solo 10 minuti è inumano; bisognerebbe a nostro avviso liberalizzare le telefonate, sempre ai numeri autorizzati, senza alcun limite di tempo per singola telefonata né di periodicità. Basterebbe installare nuovi apparecchi, al limite prevedendo una piccola percentuale di guadagno sulle telefonate per l’amministrazione al fine di compensare l’investimento delle nuove cabine. Oggi è previsto che solo nel caso uno abbia un bimbo di età inferiore ai dieci anni, sono previste 6 telefonate al mese… come se un bambino di 11 anni non necessitasse di affetto come uno di 9! Assurdo!
Colloqui: Il limite di 6 ore al mese è inumano. Non si capisce come mai nel giardino non si possano fare più ore, ma fino a poco tempo fa se un detenuto voleva fare due ore poteva farle solo nelle salette interne. Tutti i detenuti chiedono di togliere il limite delle sei ore per i colloqui mensili e di poter scegliere di fare i colloqui indipendentemente se in giardino e/o in saletta con la possibilità di organizzare pranzi con le proprie famiglie, con alimenti consentiti e portati dall’esterno e/o ordinabili da società di catering esterne.
Regolamento penitenziario: dovrebbe assolutamente essere un diritto di ogni detenuto essere portato a conoscenza dei propri diritti e dei propri doveri.
Messa: Sarebbe importante avere la possibilità di avere la messa la domenica (almeno 3 messe). Ogni sezione può fare l’elenco delle persone realmente interessate.
Lavoro: discutendo con i detenuti, tutti hanno espresso la volontà di lavorare, ma con un progetto serio, con imprenditori che siano disponibili ad investire negli spazi interni al carcere. La maggior parte dei detenuti non riescono a mantenersi e le famiglie fuori fanno fatica ad arrivare a fine mese, mentre se si creassero delle opportunità di lavoro all’interno i detenuti avrebbero la possibilità di: a) non gravare sulle famiglie; b) vivere la carcerazione con più dignità perché il lavoro nobilita l’uomo; c) mantenersi in carcere. Esempio pratico sul lavoro: un lavoratore guadagna 700 euro; 200 euro deve metterli per il mantenimento in carcere. Con 500 euro, 200 li vincola e 300 li destina per spesa mensile. Questo sistema renderebbe più stabile il detenuto che non graverebbe più sulle famiglie già disagiate, tenendo presente che a volte alcuni membri della famiglia sono costretti a delinquere per mantenersi e per mantenere il proprio congiunto in carcere. Altra cosa importante: il detenuto, una volta finita la sua pena si ritroverebbe senza debiti da pagare per il suo mantenimento in carcere, i quali debiti – se non pagati – finirebbero a Equitalia che perseguiterebbe l’ex detenuto, in molti casi, per il resto della sua vita. Resta da capire il motivo per il quale non ci sia la volontà di portare avanti la politica del lavoro all’interno delle carceri!
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:50