Questo è un tempo nel quale le parole di Papa Francesco, mentre l’umanità è minacciata dal terrorismo, resa insicura dalla crisi economica, e il volto della chiesa è deturpato dagli scandali finanziari, stanno restituendo un senso e un significato alla speranza e alimentando la fiducia in quanti vogliono vivere in un mondo migliore e più giusto. Se è indubbio che la predicazione di Papa Francesco, oramai divenuto uno dei grandi leader del nostro tempo, raggiunge la mente e i cuori dei credenti ma anche degli atei e dei laici, è altrettanto sconcertante e inammissibile la vicenda che vede imputati di fronte ai tribunali ecclesiastici per reati gravissimi due giornalisti autori di due libri d’inchiesta. Si tratta, come raccontano le cronache in questi giorni, di Emiliano Fittipaldi, autore del libro “Avarizia” e di Gianluigi Nuzzi, che ha scritto e pubblicato il libro “Via Crucis”. Ai due giornalisti viene contestato il reato di concorso nella rivelazione di documenti riservati della commissione di indagine sulla finanze vaticane istituita da Papa Francesco.
A destare stupore è la circostanza innegabile che i documenti, in base ai quali i due giornalisti hanno concepito e scritto i loro libri di inchiesta, svelando le trame occulte e le relazioni di potere esistenti tra la finanza vaticane e alcuni eminenti cardinali ed esponenti della curia romana, sono stati forniti ai due scrittori, come risulta dalla inchiesta, dal presidente della commissione Monsignore Balda, dal suo segretario Nicola Maio. In questa vicenda grave e deplorevole è coinvolta la signora Francesca Immacolata Chaouqui, collaboratrice di Monsignore Balda. Questo fatto dimostra che i due giornalisti, avendo constatato che i documenti contenevano informazioni e notizie degne di nota e molto importanti, avevano il diritto e il dovere di divulgarle, senza porsi l’interrogativo e chiedersi chi e quanti né avrebbero potuto trarre vantaggi e benefici. Il processo contro i due giornalisti, per le modalità con cui si sta svolgendo, si configura come un rito inquisitorio, poiché sono state negate agli imputati le garanzie previste nei codici penali vigenti nelle maggiori democrazie occidentali. Infatti ai due giornalisti imputati, che rischiano nel caso in cui fossero riconosciuti colpevoli una condanna a otto anni di reclusione, sono stati imposti due avvocati rogali, gli unici che possono difendere gli imputati di fronte ai tribunali ecclesiastici. Per questo motivo i due giornalisti non hanno potuto essere difesi dai loro avvocati di fiducia. Inoltre, e questo conferma il carattere medievale delle procedure osservate nei tribunali ecclesiastici, i due giornalisti imputati, durante lo svolgimento del dibattimento, devono essere tenuti separati e distanti dai loro avvocati rotali da un poliziotto.
In più, fatto di estrema gravità, non possono conoscere il contenuto degli atti processuali che li riguardano, di cui sono in possesso gli avvocati rogali. Bisogna tenere presente che il processo contro i due giornalisti nella sede apostolica e Vaticana avviene in base alle norme e procedure del codice Zanardelli del 1889 e del codice di procedura penale che risale al 1913. Occorre considerare le ulteriori e rilevanti conseguenze e gli effetti devastanti che questo processo penale contro i due giornalisti potrebbe avere. Infatti per alcuni commentatori questo processo viola e mette in discussione la libertà di stampa e di informazione contemplata dall’articolo 21 della nostra costituzione, oltre a non rispettare l’articolo 51 del codice Penale, che esclude la punibilità del giornalista che esercita il diritto di cronaca in obbedienza alla deontologia professionale. Per alcuni osservatori, oltre a costituire un vero e proprio attentato contro la libertà di stampa, il processo contro i due giornalisti è una palese violazione della dichiarazione dei diritti dell’uomo e delle Convenzioni internazionali di Nizza, New York e Strasburgo, che prevedono la tutela della libertà di stampa e di informazione. Per screditare il lavoro e le inchieste realizzate dai due giornalisti sulle finanze Vaticane, che Papa Francesco vuole riformare, visto che una parte della nomenclatura della curia Romana, come ebbe a dire il suo predecessore Papa Benedetto XVI, deturpa il volto della chiesa, in alcuni ambienti Vaticani si è voluta privilegiare e accreditare la tesi che si tratti di due libri con cui i due loro autori avrebbero voluto rovistare nel torbido per suscitare uno scandalo, comportandosi e agendo alla stregua di due morbosi voyeur. Niente di più falso. Nei due libri di Fittipaldi e Nuzzi, che stanno avendo un grande successo, sono riportati documenti finanziari, vi sono rivelazioni gravissime che dimostrano quali siano i privilegi di cui godono alcuni cardinali definiti dal Papa per il loro stile di vita novelli Faraoni, contengono denunce documentate sulla cosiddetta fabbrica dei santi a pagamento, sull’uso privato della patrimonio immobiliare che appartiene alle finanze vaticane, sulle relazioni e gli intrecci di potere tra alti prelati e spregiudicati uomini del mondo finanziario cattolico. Il quadro che emerge da questa storia, che dimostra quanto sia diffusa la condiscendenza verso il malaffare dentro alcuni ambienti del Vaticano, è sconfortante e preoccupante. Già Pier Paolo Pasolini, un ateo che era innamorato dai Vangeli, su cui ha realizzato uno dei suoi migliori film, sostenne negli anni settanta che la carità cristiana era assente dai tribunali ecclesiastici.
Un altro grande scrittore del Novecento, André Gide, scrisse un libro straordinario, intitolato efficacemente “I Sotterranei del Vaticano”, per rappresentare il mondo occulto in cui il potere ecclesiastico si muoveva con spregiudicatezza profanando e offendendo il messaggio evangelico. Di fronte ad un processo medievale, sia per le procedure penali osservate nei tribunali ecclesiastici sia per le conseguenze che potrebbe avere, con una grave e inaccettabile violazione e limitazione della libertà di stampa, la classe intellettuale del nostro Paese non può rimanere indifferente e inerte, accettando che i due giornalisti siano processati, soltanto perché hanno esercitato il diritto di cronaca con rigore e scrupolo professionale. Grazie ai libri di Fittipaldi e Nuzzi oggi sappiamo che i sotterranei del Vaticano esistono davvero e non sono una brillante e geniale invenzione di un grande scrittore.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:22