
Di Ignazio Marino non abbiamo mai condiviso nulla: non ci sono piaciute le sue scelte amministrative ai danni di Roma e dei romani, non ci hanno convinto le sue dichiarazioni sulla (non) conoscenza di Buzzi, né tanto meno le sue giustificazioni nella vicenda degli scontrini. Per non parlare poi delle storie di vacanze, funerali, rimbrotti papali e chi più ne ha più ne metta. Ciò premesso, però, stavolta Marino ha azzeccato la mossa ritirando le sue dimissioni dall’incarico di primo cittadino e rimettendo così la decisione all'Aula consiliare. Perché, aggiungiamo noi, è giusto (e democratico) che sia così.
Invece da tanto, troppo tempo, a decidere le scelte sono le risse all’interno del Partito Democratico che si ripercuotono sulla vita politica nazionale e non solo. E, per giunta, si fa troppo spesso finta di dimenticarsi che il termine democrazia è tutt’altra cosa: a partire dal fatto che l’ultimo Premier eletto dalle urne si chiama Silvio Berlusconi. I successivi sono stati nominati senza consenso degli elettori e quello attualmente in carica, addirittura, pretende pure di nominare/scegliere/far dimettere come meglio a lui aggrada. Marino ha vinto le primarie del Pd, il primo turno delle amministrative ed il ballottaggio contro Gianni Alemanno: insomma, per farla breve, è stato effettivamente votato dai cittadini, così come lo sono stati i consiglieri comunali. E dovranno essere loro - reali rappresentanti dell’elettorato attivo - a votare l’eventuale sfiducia al sindaco.
Anche perché la gente comune, quella che vota ma che è spesso governata/amministrata in modo perfido, non ne può davvero più delle beghe interne al Nazareno e delle loro conseguenze nefaste sulla quotidianità degli amministrati.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:33