
Milano capitale morale d’Italia e Roma Cenerentola delle mafiecapitoline? Ma de che? Raffaele Cantone è una persona molto intelligente e onesta intellettualmente, tanto da essere assai invisa alla sua stessa categoria, meglio casta, che invece è abituata alle carriere all’ombra della legge Breganza e successive evoluzioni. A maggiore ragione la sua estemporanea uscita sulle presunte qualità morali di Milano rispetto alla altrettanto presunta inadeguatezza degli anticorpi di Roma contro la corruzione fa pensare un po’ male: hai visto mai che si sia trattato di un endorsement fuori tempo massima alla giunta Pisapia? Il tutto a pochi giorni dal senz’altro felice epilogo di Expo 2015. Una specie di post hoc propter hoc.
Si, c’è stata la correzione di tiro, ma intanto la frittata cripto leghista era fatta. Milano in realtà, a ben vedere (e molto più e molto prima di Roma) invece che la capitale morale è stata dal 1992 a oggi la madre di tutti i problemi corruttivi, veri o immaginari, del Paese. Non bastava Tangentopoli che a Milamo ha avuto il proprio epicentro? Allora va ricordato che anche Expo 2015 era iniziato con una super inchiesta, un super scandalo e un commissario. La regione Lombardia è stata leader anche nelle spese pazze, una giunta è caduta per accuse, ancora da dimostrare, di corruzione che riguardavano i vertici, per non parlare della Lega, che proprio a Milano ha trovato la propria Caporetto in via Bellerio con la saga della “Bossi family”. E si potrebbe continuare così per un’altra mezz’ora. A Roma, solo recentemente, qualche giornalista d’assalto anche un bel po’ temerario contro gli avvocati capitolini e il diritto di difesa, ha scoperto l’acqua calda che era sotto gli occhi di tutti dai primi anni ’80: e cioè che nella città si erano insediati i clan di camorra e ‘ndrangheta. Ma quando la cosa era già conclamata, visto che la penetrazione dei vari Totuccio Contorno e Pippo Calò risale alla metà degli anni ’70, e a capo della giunta c’era Veltroni, e non Alemanno, la povera Rita Bernardini, che osò dire che al centro di Roma si riciclavano i soldi della droga, e che troppi negozi, alberghi e ristoranti avevano strani proprietari dall’accento meridionale, mancò poco che la trattassero come il compianto senatore Gianfranco Miglio. Dandole pure della razzista.
La magistratura romana prima dell’avvento di Pignatone non aveva fatto nulla e quest’ultimo, essendo arrivato dopo il crollo della giunta Alemanno, ovviamente ha orientato le indagini sulle eventuali collusioni tra mafie varie e politici in un arco temporale più ristretto. Magari anche per problemi di prescrizione. Roma così si è rovinata l’immagine per una sola indagine per quanto clamorosa e altisonante e tuttora sub iudice. Milano invece, dimenticati i Chiesa Mario, i Carnevale Luigi, i Majno Luigi, come anche i Formigoni, i Daccò, i Belsito, la Bossi family e tutta la cricca dell’Expo, è stata promossa sul campo come capitale morale da un’uscita che forse l’intelligente e onesto intellettualmente onesto Cantone poteva pure risparmiarsi in toto. Pisapia ringrazia, noi romani un po’ meno. E intanto resta comunque irrisolto l’interrogativo retorico d’apertura: Milano capitale morale? Ma de che?
@buffadimitri
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:33