Avanti, c’è posto!

Il “caso Roma” è una delle tante incredibili storie della politica in Italia. Per carità, i problemi nella Capitale nascono molto prima di Ignazio Marino e al contrario di quello che il Partito democratico cerca di far passare con il più becero opportunismo di sempre, provengono da giunte comunali che per anni e anni sono state guidate dal centrosinistra e non solo da quella pessima di Gianni Alemanno.

Ma al netto delle colpe, la questione romana è lo specchio di quella italiana, non funziona niente e per risolvere si promette sempre che più avanti si provvederà e si porrà rimedio a tutto. La tecnica di spostare nel tempo la soluzione è diventata da noi l’altra faccia della medaglia del modello politico statuale, da una parte l’ipocrisia dall’altra il futuro. Del resto, osservando bene ci si rende conto di quanto sia vero a partire dalle emergenze più drammatiche come la Legge Fornero che, spacciata per straordinaria riforma, è soltanto un pessimo allungamento dei tempi. Come pure i pagamenti dei debiti della Pubblica amministrazione che continuano a slittare, le clausole di salvaguardia che passano agli esercizi successivi o il pareggio di bilancio e il Fiscal Compact. Tutto rimandato al futuro.

Con la tecnica “dell’avanti c’è posto”, politici, maggioranze e classe dirigente, rimandano ormai tutti quei problemi che non sanno e non vogliono risolvere perché significherebbe davvero rivoluzionare il Paese cambiandolo una volta per tutte. Manca il coraggio di affrontare la realtà e soprattutto di spiegarla agli italiani, manca la forza di chiedere scusa per decenni di sbagli e malaffare, manca la volontà di ammettere che il modello italiano di stampo cattocomunista per come è nato e si è sviluppato, è destinato al fallimento. Per questo si sposta in avanti, sperando che la provvidenza intervenga o che qualche lotteria universale premi il Paese con il biglietto vincente. Non è così e non sarà così e a Roma come in Italia servirebbero due nuovi Romolo e Remo per ricostruire tutto da cima a fondo perché tutto, ma proprio tutto, da almeno cinquant’anni è stato rovinosamente saccheggiato e deturpato. Ecco perché la Città Eterna è lo specchio del Paese e Marino in fondo ha avuto solo la sfortuna di capitarci in mezzo non avendo né le capacità e né l’esperienza per metterci mano. Le municipalizzate colabrodo di malaffare, fanno il paio con le infinite aziende o carrozzoni di Stato, l’enorme quantità di impiegati capitolini fa il paio con l’immensità di impiego pubblico, la trascuratezza di strade e parchi fa scopa con quella del dissesto idrogeologico che in Italia provoca calamità e disastri ovunque. Per non parlare dei centri di accoglienza e della loro gestione, delle opere inutili e incompiute, della sicurezza e dei servizi ai cittadini.

Insomma, Roma purtroppo rappresenta fedelmente l’Italia per tutto ciò che va male. Ma è proprio qui che casca l’asino e non solo perché i nodi prima o poi arrivano al pettine, ma perché le condizioni che il futuro presumibilmente porterà con sé saranno meno favorevoli di quelle attuali. Infatti, fra uno o due anni la Bce cesserà il Quantitative Easing, i tassi di interesse saliranno, i debiti arriveranno al collasso, l’immigrazione incontrollata farà esplodere la rabbia della gente, i conti del welfare sballeranno e quelli da pagare saranno insostenibili. Per questo bisogna smetterla di giocare al rimando, di spostare in avanti, di dire bugie, di fare promesse elettorali e di insistere con la tecnica del panem et circenses. Basta, non c’è più tempo. Altro che rimandare al 2017 o 2018 o quando sia.

Se c’è una strada per risolvere e ammesso che ci sia, è quella di agire ora; è da subito che servono le riforme del welfare e la decapitazione dei privilegi acquisiti, la riconversione e la chiusura dei mille carrozzoni pubblici, l’applicazione della sussidiarietà per cacciare lo Stato dove non serve, non funziona e costa solamente. Adesso è necessaria la pacificazione fiscale per ricomporre la frattura totale fra amministrazione e contribuenti, come pure la ristrutturazione di quei diritti acquisiti che oggi non sono più sostenibili e la modifica di una giustizia che funziona poco e male e opacamente. È adesso che serve la riforma dei servizi pubblici per renderli adeguati, civili e fruibili a tutti.

Insomma, occorre sostituire l’ipocrita “avanti c’è posto” con “hic et nunc”, solo così ci si potrà salvare e solo chi sarà capace di farlo, affrontando il toro per le corna, potrà essere un vero leader per il Paese e per la gente; solo chi si presenterà con una squadra politica di onesti, volenterosi, capaci e leali potrà tentare di cambiare l’Italia. All’orizzonte purtroppo ad oggi poco si vede e con il Governo Renzi meno che mai, ma siamo sicuri che chi avrà il coraggio per farlo proponendo un programma per un modello di Paese nuovo, liberale, democratico, laico e giusto, troverà un oceano di persone a sostenerlo perché così, avanti, non ci si andrà davvero.

Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 15:19