All’Inferno... “caso per caso”

La conclusione del Sinodo dei Vescovi sui problemi della famiglia, ha segnato, più che “passi avanti” o “passi indietro” della Chiesa al riguardo, il prevalere di non imprevedibili scelte ispirate più alla sociologia che alla teologia. Che questo sia un “passo avanti” è più difficile esserne del tutto convinti che prenderne semplicemente atto.

Ascoltavo queste notizie mentre mi rigiravo tra le mani, nientemeno, un libercolo, frutto della mia militanza nell’allora Partito Radicale. E quel che è più singolare (e per molti sorprendente) un opuscolo, che è una raccolta, stampata per farne strumento di raccolta di qualche soldarello, di versi in italiano e in romanesco, alcuni un po’ zoppicanti, che erano venuti fuori dalla mia penna nel periodo 1970-1978. Tutto fuorché “letteratura” (sia pure da strapazzo): epigrammi, sonetti, ballate, canzoni. Soprattutto degli anni della lotta per il divorzio. Il primo di tali conati (romanesco) è un sonetto che fu appeso sotto la statua di Pasquino ed è, forse, l’ultima “pasquinata”. Era il 19 settembre del 1970. Stava per andare finalmente in porto la legge sul divorzio. Ed era il centenario della Breccia di Porta Pia. Per la festa di quell’evento epocale fu celebrata “in loco” (nel luogo del delitto avrebbe detto qualcuno dei Papi degli anni precedenti) una messa da un eminentissimo Cardinale.

Il sonetto satireggiava su quella tardiva celebrazione ecclesiastica della fine del potere temporale e, riferendosi alle alte grida di orrore levate da Oltretevere contro il divorzio, prevedeva che, prima o poi, anche per il divorzio sarebbe accaduto come per Porta Pia: “Er giorno che ce trovi er su guadagno a fa festa ar divorzio ce se vede magara un cardinale e no un compagno”. Ora, non dico che col Sinodo appena concluso siamo arrivati a questo. Anche perché il Papa non ci ha ancora “trovato er su guadagno”, ma è certo che, malgrado il carattere tipicamente gesuitico che sa di “opinione probabile” satireggiata da Pascal o, magari, proprio in conformità a tali concezioni gesuitiche, la storia dell’ammissione alla comunione dei divorziati risposati da concedersi “caso per caso” è un’importante passo 2 verso una visione esplicitamente “sociologica”, realistica del divorzio e, quindi della posizione della Chiesa sul matrimonio. Non esplicita, certo, ma nemmeno grottesca come quella del ricorrere ad un “annullamento parallelo” per dichiarare che non c’era stato nessun matrimonio (vero) e quindi che non c’è nemmeno un divorzio, cui pochi giorni fa si è ricorsi con quelle “istruzioni” ai Tribunali Ecclesiastici ed ai Vescovi perché intervengano in tal senso su di essi.

E anche questa storia grottesca della Sacra Rota (rectius: dei Tribunali ecclesiastici) per “superare” il divorzio facendogli, in buona sostanza, la concorrenza, la ritrovo in quei versacci assai più giudiziosi di quanto allora potessero apparire. In un’altra parte delle mie rime si legge: “Così la Rota è diventata una girandola scatenata per annullare sempre più presto col “motu proprio” di Paolo Sesto”.

Versi velenosetti, riferibili anche alle più recenti istruzioni di Papa Francesco, che però, da buon gesuita, fa un bel salto al di là del grottesco, selezionando per il Paradiso i divorziati meno “scandalosi”. “Caso per caso”. Un bel passo avanti.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:29