Giornalisti vs penalisti, la replica ad Abruzzo

Di seguito pubblichiamo la replica dell’avvocato Giovanni Pagliarulo (uno dei firmatari dell’esposto contro i giornalisti per aver pubblicato arbitrariamente atti del procedimento penale, di nella fase delle indagini preliminari nel procedimento Roma Capitale) a Franco Abruzzo (nella foto) che ha accusato i penalisti romani di ignorare la giurisprudenza della Corte dei diritti dell’Uomo di Strasburgo in materia di diritto all’informazione e di libertà di stampa.

A Franco Abruzzo

Conosciamo le norme europee (Art. 10 Cedu, art. 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e Raccomandazione del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, Rec 2003/13) e la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Non esiste una pronuncia che consenta di affermare che gli articoli 114 e 115 Cpp, così come da noi invocati - e costantemente interpretati dalla Corte di Cassazione - siano contrari alle norme sovranazionali e ai principi convenzionali. E la sentenza specificamente citata, che probabilmente non è nemmeno stata letta per intero, è in linea con quanto da noi sostenuto.

Invero,

1) Muove da un caso di pubblicazione per riassunto, e non testuale, degli atti di un procedimento penale (in particolare, di un verbale di interrogatorio, vd. paragrafi 7 e 8) La condotta ritenuta lecita dalla Corte (ed ingiustamente sanzionata dal giudice nazionale) è quella di pubblicazione per riassunto o estratto. Noi abbiamo segnalato la illiceità della diffusione attraverso la pedissequa riproduzione degli atti, cosa evidentemente diversa. 2) Ribadisce - secondo un orientamento consolidato - che la libertà di espressione di cui all’articolo 10 della Cedu, può incontrare dei limiti nell’esercizio di altri diritti, tra i quali quello ad un giusto processo e ad un tribunale imparziale, previsto dall’articolo 6 della Convenzione (vd. paragrafi 44 e 45). L’inciso a cui fa riferimento Abruzzo (l’articolo 10 della Convenzione protegge non solo il contenuto ma anche le modalità della pubblicazione) per sostenere la infondatezza del nostro esposto compare nel paragrafo 57 della decisione, dove si afferma che non spetta alla Corte (di Strasburgo) né alle giurisdizioni interne di stabilire la tecnica narrativa (“techinque de compte rendu”, “reporting technique”, nelle due versioni in lingua ufficiale) adottabile dai giornalisti. Sul punto, un’osservazione e una domanda.

- In riferimento al caso concreto da cui prende le mosse la sentenza - imprescindibile per comprenderne il significato - nel quale, si ripete, ha avuto luogo una pubblicazione per riassunto e con modalità e toni ritenuti (ingiustamente) dal giudice interno eccessivamente sensazionalistici e fuorvianti, il principio affermato dalla Corte è, banalmente, che non si può imporre al giornalista come riassumere il fatto. Come impaginare, titolare, quali termini, espressioni, figure retoriche, ecc., utilizzare nel “suo” racconto della notizia. Null’altro.

Far discendere da quanto affermato al paragrafo 57 la incompatibilità del divieto di pubblicazione testuale degli atti ex articolo 114, commi 2, 3 e 7, Cpp con l’articolo 10 della Cedu significa travisare, ampliare suggestivamente il senso della decisione. Copiare pedissequamente, il “cut and paste”, è una tecnica narrativa? Fa parte del bagaglio professionale?

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:35