
A scanso di equivoci dico subito che non ho elementi per affermare che il Vice Presidente della regione Lombardia, Mario Mantovani, sia innocente o al contrario possa essere colpevole. Sinceramente non è questo che mi spinge a soffermarmi sul caso, o meglio che mi spinge a ragionare sul suo arresto, dato che il Mantovani è stato privato della libertà personale e gli è stata respinta anche la richiesta di revoca del provvedimento di custodia preventiva e, addirittura, la concessione degli arresti domiciliari.
La cosa è sorprendente. Tutti, infatti, sanno che per l’arresto di una persona, se non indagata per motivi di criminalità organizzata (mafia, ‘ndrangheta e camorra), presumendo la sua innocenza come recita la Carta Costituzionale (almeno finora), c’è bisogno che ricorra almeno uno dei motivi che le legge prevede espressamente. E cioè: pericolo di fuga per sottrarsi alla detenzione (e la cosa non esiste dato che la richiesta era nei cassetti del Gip da ben 13 mesi e l’attuale detenuto non è certamente scappato); reiterazione del reato (e solo un fesso può continuare a farlo sapendo dei riflettori accesi su di lui, e Mantovani non è certamente tale); inquinamento delle prove (e certamente il ‘reo’, se fosse stato necessario, non avrebbe fatto trascorrere inutilmente oltre un anno per farlo solo ora).
Errare umanum est, ma non è tale il perseverare. Si è potuto sbagliare con gli arresti ma non è salutare continuare a farlo quando c’è una richiesta di rivalutazione che è stata, però, nettamente respinta dal Gip con il parere conforme dello stesso PM. Perché allora questo accanimento che, certamente, non potrà essere convalidato dai successivi gradi decisori (Tribunale della Libertà e Cassazione) a meno che non ci siano cose che sono state tenute segrete all’opinione pubblica alla quale apparteniamo anche noi?
Si ha l’impressione che si siano voluti mostrare i muscoli e far bere l’amaro calice fino alla fine al Mantovani. Un ‘abuso di potere’ in piena regola, quindi, che dimostra quanto poco hanno determinato, nel ‘modus operandi’ dei Magistrati, le cosiddette riforme sulla giustizia del governo Renzi che portano la firma del Ministro Andrea Orlando, come quella sulla custodia preventiva con la ‘precisazione’ che il pericolo di inquinamento delle prove debba essere non un espediente ma ‘un pericolo concreto e attuale’, mentre la tanto contestata riforma sulla responsabilità civile non ha limitato per nulla l’azione dei Magistrati dimostrando che era falso l'assunto che quella riforma potesse diventare ostativa per la loro attività.
Ma l’atteggiamento dei magistrati nel caso di Mantovani non si discosta da quanto si faceva prima quando la carcerazione preventiva non serviva per evitare fughe, reiterazione e inquinamento, ma era un mezzo di pressione per far crollare l’inquisito. Quindi nemmeno un’anticipazione della pena ma un semplice mezzo di tortura inconcepibile in uno stato di diritto e in un paese che ha vissuto per decenni sul luogo comune d’essere la culla del diritto.
Il Ministro Orlando che, come gli altri ministri e il proprio premier, canta sempre vittoria ad ogni piè sospinto, parta dalla vicenda in questione per capire quali ‘buchi’ ha lasciato aperti la legge attraverso i quali si perpetua la sostanza della vecchia normativa in materia di custodia preventiva, e abbia maggior coraggio a ricostruire un codice di procedura penale di livello europeo. Solo in questo modo e indipendentemente dall’innocenza o dalla colpevolezza dei ‘Mantovani’ di turno si potrà ben dire che la loro vicenda sia realmente servita a qualcosa.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:19