
Aria di burrasca sulla Capitale, almeno per quello che riguarda lo schieramento moderato. Perché, appena Ignazio Marino ha annunciato (senza, peraltro, formalizzare l’intenzione almeno nel momento in cui vengono scritte queste righe) di dimettersi, il centrodestra ha continuato a confermare la propria voglia di perdere ogni consultazione elettorale. Trascorre qualche ora e una parte dichiara di sostenere Alfio Marchini, un’altra Giorgia Meloni: per una eventuale consultazione elettorale amministrativa per il rinnovo del governo della Capitale, ad oggi, già si può ipotizzare che il centrodestra si presenterà spaccato. E quindi ancora perdente. Soprattutto perché c’è il Movimento Cinque Stelle che ha ben capito che aria tira all’ombra del Campidoglio e preme per arrivare il prima possibile alle urne per approfittare del devastante “effetto-Marino”.
Ma anche il Partito democratico potrebbe tirare fuori un nome capace di ricompattare il partito del Premier. Sono solo ipotesi ma, tranne qualche sorpresa dell’ultimo momento da parte di Marino, ci pare che l’aria che tira sia favorevole al movimento grillino a meno che - tutta e, soprattutto, compatta - l’area moderata non riesca a convergere su un unico nominativo.
Ma il tafazzismo è diventato oramai parte integrale del bagaglio politico di quello schieramento che aveva come unico riferimento Silvio Berlusconi, il quale sembra non rassegnarsi (e con lui quei personaggi che ostinano a circondarlo/consigliarlo accelerando la sua corsa verso il baratro) a fare l’opportuno passo indietro. Oggi, a Roma così come in diverse altre realtà locali, il centrodestra continua a farsi male da solo; un masochismo dovuto soprattutto alla mancanza di esponenti in grado di essere all’altezza della situazione e, soprattutto, in grado di far politica e non limitarsi a far parte di qualche cerchio (o cerchietto) più o meno magico.
Nel caso romano, se parte dell’area moderata guarda con interesse a “calce e martello” (Marchini) vuol dire che lo schieramento è allo stremo e senza assi nella manica a causa - forse, ma sicuramente non solo - di una endemica incapacità di creare nuovi quadri, nuovi personaggi capaci e con il volto (e non solo) pulito, meglio se individuati da assemblee e congressi.
Al momento, e questo costituisce un dato di fatto, sarebbe sufficiente (con tutto il rispetto) un qualsiasi Di Battista per far conquistare al “nulla di fatto” la guida della Capitale. E fra qualche mese si voterà anche per le amministrazioni comunali di città come Torino, Milano e Napoli... Il resto viene da sé.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:26