
In diversi Tg di ieri, alle spalle dello speaker, si vedeva una Camera, il Senato, tanto desolatamente quanto insolitamente vuota. Ma lo era per una ragione reale e comprensibile, per via della pausa pranzo o panino. Però, però... Però quella sala vuota, apparsa di colpo, dopo l’uragano (di parole, beninteso) scatenato dalle opposizioni, sembrava davvero un simbolo, un’allegoria, una metafora. L’emblema, insomma, del vuoto nel quale la “gente” ha seguito fino ad ora la faccenda senato sì, senato no, eleggibile sì, eleggibile no, evvai con 80 milioni di emendamenti, viva l’ostruzionismo, arriva l’Aventino.
E infuocati dibattiti nei talk: vuoti, o quasi, anch’essi. La simmetria dei due vuoti, la caduta d’interesse dell’opinione pubblica e la susseguente lamentazione per le diverse ed opposte cause, fa quasi dimenticare la sostanza delle cose, il cosiddetto “verum ipsum factum” (Vico dixit). Ovverosia la strategia, non ben calibrata fin dall’inizio, della battaglia di tutte le battaglie a difesa di un Senato del quale il popolo italiano non solo sente la distanza ma, ahimè, l’inutilità. Errare è umano, si capisce, e il perseverare è diabolico, ovviamente. Ma è non meno ovvio che qualsiasi battaglia oppositiva, se non possiede una sostanziale unità d’intenti illudendosi di guadagnarsela cammin facendo e avviandola con lo scoop di 80 milioni di emendamenti annuncianti un Aventino puro e duro, finisce con depotenziarsi al primo voto della maggioranza. Com’è accaduto e come accadrà.
Calderoli è pur sempre un politico scafato, rimembrando le sue performance anche nella quiete di Lorenzago, ricordate, ai tempi del “Porcellum”? E dunque non poteva non sapere fin dall’inizio che la sua era un’offerta non ricevibile, se non altro perché illeggibile e invotabile, dati i tempi connessi alla lettura e al voto di ottanta milioni di ecc. Dopodiché, il seguito del film punteggiato dalle suspense sull’operato del presidente Pietro Grasso, che pure, almeno fin’ora, ha seguito lo schema renzian-boschiano è stato e sarà una corsa all’ingiù, che per la maggioranza significa arrivo al traguardo a mani alte, per gli altri un’ardua salita pressoché invalicabile, una cima là dove non c’è l’ossigeno. Non solo, ma il mica tanto sotterraneo e conseguente pensiero dell’Aventino - caro a una certa retorica antipolitica - populista dell’opposizione senza se e senza ma - è o potrebbe essere un “tacon peggio del buso”, un rimedio peggiore del male.
Non solo o non soltanto per l’assenza di quelle motivazioni storiche che erano invece fondanti dell’Aventino anni 20 per impedire l’avvento del fascismo, ma soprattutto perché quell’avvento c’è stato, alla faccia, come si dice, dell’Aventino. Si capisce allora perché l’uragano in Senato di accuse di neofascismo, di regime alle porte, di svolta autoritaria e repressiva in atto da parte dei Renzi boys siano puramente formali, come astratte, perdendo il loro vero significato semantico acquistandone uno declamatorio, funzionale all’effetto mediatico. Che non c’è stato. I media, dunque, e la tv. Gira un sondaggio secondo cui quasi il settanta per cento degli italiani non ha capito bene ciò che accade a Palazzo Madama e, in sostanza, è indifferente alla battaglia senatoriale.
Uno dice: ci mancherebbe altro, ci sono, ci saranno i referendum, la parola tornerà al popolo, e ne vedremo delle belle. Ma va… C’è già stato un referendum del genere sposato dal centro destra: stessa indifferenza, analoga distanza, un flop bello e buono. Diverso sarebbe stato, probabilmente, il percorso di un’opposizione compatta, appassionata sì ma rigorosa, giocatrice della carta dell’ostruzionismo ma “cum grano salis”, caso per caso, misura per misura, evidenziando i pericoli, quelli sì esistenti, di arroganza e di strapotere per il o un partito (Leader) solo al comando, commisurando sempre forma e contenuto all’efficacia politica e a alla stessa risonanza mediatica.
Invece nulla o quasi di questo è accaduto. La rappresentazione non funziona quando eccedono i toni e s’impennano le accuse, sia di fascismo incombente sia di mercato delle vacche, o di complotto, per il semplice motivo che la logica della democrazia prevede bensì l’arma dell’ostruzionismo contro il regime e condanna il mercato delle vacche, o complotto che dir si voglia, ma a condizione che entrambe le invettive abbiano una sostanza che vada bene al di là dei sospetti. Trasformare il Senato (uscente) in un set dove va in scena l’ennesima riproposizione del complottismo ammantato di accuse stratosferiche, non funziona politicamente, salvo che per i portatori dell’antipolitica. Con risultati concreti pressoché nulli. Per dire: se l’accusa è che tutto è mafia, allora nulla è mafia. E se tutti sono corrotti, nessuno è corrotto.
Tutti fascisti? Nessun fascista. Spesso e volentieri, soprattutto con l’irruzione sul set della politica di Beppe Grillo, il suo Movimento 5Stelle crede di stare in politica pensando di non farne parte. Col che viene blindata ogni sorta di dialettica in nome di una supposta diversità genetica - qualcuno direbbe meglio: manicheismo - col rischio, non da escludere, che siano soltanto loro i fruitori elettorali della battaglia di Palazzo Madama. In altre parole: se la l’Aventino è l’obbiettivo dell’antipolitica, è questa che potrebbe vincere la guerra, pur perdendone una battaglia.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:33