
Per Bruno Contrada, dopo tre sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo, presto l’aria potrebbe cambiare. In materia di revisione del processo. Specie dopo al scoperta del finto pentimento di Vincenzo Scarantino e delle rivelazioni del magistrato Antonio Ingroia in un libro, “Il labirinto degli dèi”, in cui si raccontano i tentativi di depistaggio a suo danno. La revisione sarà affrontata il prossimo 18 novembre perché i giudici della prima sezione della Corte d’appello di Caltanissetta hanno molte carte da studiare ed essendo impegnati anche in un altro importante procedimento di mafia vogliono avere il tempo di leggersi tutto quello che Contrada e il suo difensore, Giuseppe Lipera, hanno prodotto. Qualche anno fa si sarebbero limitati a respingere l’istanza di revisione senza tanti complimenti. Mentre oggi lo zelo è evidente. Almeno questo è il parere dello stesso avvocato Lipera, sentito ad hoc da “L’Opinione”.
Avvocato Lipera, sarà la volta buona che la Corte di appello di Caltanissetta prenderà in considerazione la richiesta di revisione processuale della posizione del suo assistito, Bruno Contrada?
Io lo spero certamente. Sento, a naso, che il clima è un po’ cambiato. A volte la giustizia prende le sembianze del buon vino: per essere apprezzato ha bisogno di rimanere per tanto tempo prima nelle botti e poi nelle bottiglie. Se resiste e non va a male, il vino diventa ottimo. A dicembre questa storia compie ben 23 anni e da allora sono successe tante cose. Quindi, in definitiva, voglio dire che nella sostanza non è cambiato nulla, del resto l’innocenza di Contrada fu acclarata già dalla Corte di appello di Palermo, che lo ha mandato assolto perché il fatto non sussiste con la sentenza del 4/5/2001, sentenza che però venne impugnata dal Pm ed erroneamente annullata dalla Corte di Cassazione. Da quest’ultimo accadimento sono trascorsi altri 14 anni e sono tanti gli avvenimenti che ci confermano che talune indagini furono avviate e svolte in maniera a dir poco spregiudicata.
Il fatto che sia stata differita di circa un mese l’udienza per gli impegni precedenti della Corte stessa è un buon segno? Stavolta se la studiano?
Io sono ottimista per natura, quindi è ovvio che la veda in chiave positiva. Non dimentichiamo che adesso c’è anche la sentenza della Corte di Strasburgo confermata dalla Grande Camera della Corte Europea che non potrà non avere il suo peso.
Quali sono gli elementi salienti e le nuove prove del ricorso?
Innanzitutto le stesse dichiarazioni di Contrada in numerosi processi, sentito come teste obbligato a dire la verità che confermano il complotto ai danni del Sisde di chi depistò anche le indagini sulle stragi. Poi le dichiarazioni con cui il falso pentito Scarantino ammise di essersi inventato tutto nei primi processi per via D’Amelio, circostanza questa che da sola, se conosciuta, avrebbe potuto mutare le sorti del processo… E infine, ma non da ultimo, un lungo passo del libro di Antonio Ingroia, già pubblico ministero a Palermo (“Nel labirinto degli dèi – Storie di mafia e antimafia a Palermo”), in cui a pagina 81 tra l’altro si legge: “Tuttavia, era mio dovere cercare di riscontrare il riscontrabile, e così feci. Diedi incarico alla Polizia Giudiziaria di svolgere gli approfondimenti sulle vicende citate da Scarantino, riguardanti la competenza della Procura di Palermo: l’esito fu sconfortante. Le dichiarazioni accusatorie in merito a Contrada erano riscontrate, ma solo in apparenza. Nel senso che, in realtà, i fatti riferiti da Scarantino erano accaduti, e presentavano delle anomalie, ma non era stato acquisito alcun riscontro che si potesse considerare individualizzante a carico di Contrada. Nulla, cioè, era emerso che potesse collegare quelle anomalie con Contrada, a parte le dichiarazioni stesse di Scarantino”.
Contrada che dice? Ci crede ancora nella giustizia italiana?
Questo bisognerebbe chiederlo a lui. Certo è che sono 23 anni che vive con questo peso ingiusto che ha rovinato l’esistenza a lui e alla sua famiglia. Io intimamente sono convinto che lui ci creda ancora, tant’è che è ancora in vita e nel 2012 ha pubblicato il suo libro: “La mia prigione. Storia vera di un poliziotto a Palermo”.
Un giorno nei libri di storia come si parlerà di questi anni terribili in cui un servitore dello Stato fu condannato come mafioso per motivi politici e personali?
Già questa vicenda è passata alla storia. Se ne parlerà con ancora più chiarezza nei prossimi anni quando saranno morti tutti, anche i manettari, quelli che credono non al principio dell’innocenza ma al principio della colpevolezza.
Quanto pesano e in che maniera le sentenze di Strasburgo, ormai diventate definitive?
Le sentenze di Strasburgo sono certamente importanti, anche se non condivido che la Corte Europea riconosca capacità legislativa alla giurisprudenza, cosa che appartiene unicamente al Parlamento, come in tutti i sistemi democratici. Che fine ha fatto, mi chiedo, quel vecchio brocardo, ultra-millenario, che si studiava nel primo anno di giurisprudenza: “Praetor ius facere non potest”?
@buffadimitri
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:22