
È adorabile questa consuetudine degli scherzi telefonici. Un po’ perché ci danno un’immagine “off the records” dei rapporti e degli atteggiamenti privati del “Potere”, un po’ perché da giovani li abbiamo fatti tutti. Ciò che fa “la differenza” è l’analisi successiva allo scherzo, che è poi la differenza tra l’analisi “amatoriale” e quella “politica”. Prendiamo in considerazione lo scherzo telefonico tra Monsignor Vincenzo Paglia ed il finto Matteo Renzi sul caso Marino, ormai diventato “cult” sulla Rete. La prima immediata e scontata analisi è che Ignazio Marino ne esca con le ossa rotte. La telefonata restituisce un’immagine malinconica di un sindaco di Roma che, per dirla con Paglia, fa “una figura da bischero”, che si “imbuca” nelle agende “altrui” per fare passerella.
Te lo ritrovi lì da solo con la sua fascia tricolore, inopportuno come chi si mette in smoking per andare a giocare il Superenalotto. E si ritorna col pensiero ai tristi momenti in cui il nostro Ignazio rincorreva sulla scaletta dell’aereo presidenziale per uno scatto da spendere politicamente il suo amico Barack che ignorava sia chi fosse questo Ignazio, sia che loro fossero amici. È un sindaco mitomane che cerca il selfie con i potenti il nostro Ignazio, che insegue il Pontefice come un fidanzatino che abbia qualcosa da “farsi perdonare a Philadelphia” (parole di Mons. Paglia). È un Paolini con la fascia tricolore con l’unica differenza che non ha lo stesso tempismo del più noto disturbatore televisivo.
È un sindaco del quale nessuno ha fiducia per il Giubileo e che ormai danza in maniera penosa e scomposta alla festa del suo triste pensionamento politico, congedandosi con disonore dall’elettorato di sinistra che, schierato com’è sempre stato, ha ritenuto opportuno votare anche un personaggio del genere pur di obbedire agli ordini di scuderia e “cacciare i fascisti da Roma”. Ma a ben vedere, a parte qualche pruriginoso particolare che la telefonata ci restituisce, non c’è nulla di Marino che non sapessimo già. Il dato inedito che invece lo scherzo de “La Zanzara” ci regala, è quello che paradossalmente è passato sotto silenzio.
Crolla il mito della Chiesa come luogo di scaltrezza popolato da persone che “non si fanno prendere in giro”. È bastato un telefono, un jingle ed un imitatore per far scoppiare questo “terremoto diplomatico”, che non lascerà macerie soltanto perché l’Italia in generale e Roma in particolare sono già realtà politicamente “rase al suolo”. Ma la scenetta più deliziosa, che sicuramente rimarrà negli annali, è quella di un Paglia che, attempato e presumibilmente frustrato nelle sue aspettative carrieristico-talari, liscia il pelo al Potente di Pontassieve, si mette a sua disposizione, si ritaglia sartorialmente il suo personale ruolo di mediatore, scavalcando i consueti canali diplomatici e palesando il fatto che oramai anche la realtà Vaticana, per contatto con quella Italiana, sta regredendo di una involuzione “fasciolara”. Lui crea il problema diplomatico (ingigantendolo) e lui stesso si autocandida a soluzione in qualità di pontiere.
E per chiudere in bellezza, si esibisce in una sperticata ostentazione di lodi verso “Matteo”, come una groupie verso il suo idolo rockettaro: “I miei complimenti per tutto, davvero complimenti andate avanti, vai, tieni duro”. La telefonata si chiude con la frase di Mons. Paglia: “E poi, quando ci vediamo un minuto ti dico anche qualcosa...”. Il finto Renzi lo interrompe. Possiamo immaginare che il Prelato, dopo essersi presentato come la soluzione alla dappocaggine di Marino, gli stesse chiedendo un piacere. Il solito piacerino, nulla di inimmaginabile. E il siparietto, peraltro omesso da tutti per ruffiana lecchinaggine verso il Vaticano, intristisce anche quelli un po’ rotti a tutto.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:27