Una “Repubblica” fondata sulla Tasi

Una Repubblica fondata sulla Tasi? A largo Fochetti la sognano da sempre. Una volta per ogni scelta politica dei governi dell’Italia, dal dopoguerra al 1992 c’era il famoso “visto da destra” e “visto da sinistra”. Adesso il metodo, almeno per le tasse sulla prima casa, si è trasformato in “visto da Repubblica” e “visto da tutti gli altri”.

Bastava ieri leggere tre dei maggiori quotidiani nazionali, “Il Corriere della Sera”, “Il Messaggero” e appunto “La Repubblica”, per rendersene conto. Oggetto del contendere l’audizione del vicedirettore generale della Banca d’Italia, Luigi Federico Signorini. Il quale ha sottolineato come l’abolizione della tassa sulla prima casa potrebbe essere cosa buona e giusta, specie se percepita come permanente dalla popolazione. E convincere così la gente a consumare. Ed a tornare a comprare le case e quindi a dare respiro ad un mercato tutto tarato sulle vendite a causa di una pressione fiscale che negli ultimi dieci anni è aumentata di quasi dieci volte.

Ovviamente il “Il Messaggero” che è di proprietà del più grande costruttore italiano, Francesco Gaetano Caltagirone, sparava la cosa in prima e vi dedicava l’intera pagina 4. Mentre il “Corriere”, che è di proprietà delle banche che da poco hanno rivisto l’incremento delle richieste dei mutui in maniera considerevole, più prudentemente si assestava sul taglio basso di quinta pagina. E senza richiami in prima. Ma la sostanza del riportato era la stessa: Bankitalia, che ormai è un ufficio studi, si pronunzia favorevolmente alla proposta renziana avvertendo però che non può continuare il “metti e togli” su questa maledetta tassa, iniziato dal governo di Mario Monti nel lontano novembre del 2011.

“La Repubblica”, che almeno in parte si fa corifea della minoranza Pd e del sindacalismo luddista che convoca assemblee spontaneiste al Colosseo e a Pompei, con buona pace dei turisti che bestemmiando attendono in fila sotto il sole, la notizia praticamente la nasconde nelle pagine economiche (la 28 esattamente), quelle cui il lettore se ci arriva lo fa quando ormai non ne può più di leggere tutte le banalità che si è dovuto sorbire.

Soprattutto “La Repubblica” rovescia la notizia, la prende dalla “parte del culo”, come si direbbe tra contadini. Ossia mette un titoletto che recita così: “Tasi, dubbi Bankitalia”. La furbata semantica fa capire che Bankitalia è contraria e proprio per quell’effetto “stabilità”, cioè rendere permanente l’abrogazione del balzello, che è invece solo una raccomandazione ovvia che si fa al Governo Renzi. Poi nel pezzo il giornalista Petrini rilegge tutta la audizione del vicedirettore di Bankitalia davanti al Parlamento in questa chiave rovesciata.

Ossia si elencano sì gli argomenti e le statistiche, ma per dimostrare che Bankitalia sarebbe contraria, “allineandosi con l’Europa”. Tutto ciò si chiama mistificazione ed è una delle cause principali del disamoramento degli italiani rispetto ai giornali, che infatti vedono le vendite ridotte al lumicino. Per la cronaca, l’intero gettito di Imu e Tasi è pari a circa 4 miliardi di euro annui. Che però si erano ridotti ad uno e seicento milioni dopo la prima sforbiciata, che era già avvenuta sempre per opera di Renzi. Attualmente i famosi ricchi da punire (spesso vittime di presunta ricchezza, magari proprietari di grandi ma invendibili ville in campagna accatastate come castelli nella Loira) danno un gettito di meno di 120 milioni di euro l’anno.

Renzi se ne è accorto e ha deciso che era meglio che quei soldi li usassero per comprarsi un’automobile invece che per pagare con la Tasi le “stronzate” che i Comuni fanno in tutta Italia con questo surplus di soldi. Le famose rotonde di cui parla Vittorio Sgarbi, tanto per intendersi. Oltretutto sarebbero stati tutti voti per lui e questo pure significa fare politica. “La Repubblica” però, da quando è nata si è fatta un vanto di piegare la realtà alla propria ideologia moral-pauperista e giustizialista. E sulle tasse sulla prima casa sta superando se stessa: è come se Ezio Mauro e il suo staff sognassero una vera e propria Repubblica fondata sulla Tasi. Invece che sul lavoro.

 

@buffadimitri

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:34