Salvare l’Inpgi   anche con il voto

Le votazioni che si terranno a febbraio (di solito con scarsa partecipazione alle urne) per i nuovi vertici dell’Istituto di previdenza dei giornalisti (Inpgi) avranno un significato diverso dalla volte precedenti. Il “solido” istituto dal punto di vista economico-finanziario (basato sul vasto patrimonio immobiliare e sul versamento dei contribuiti che superavano le spese) non c’è più. Le analisi attuariali che confermavano bilanci in equilibrio fino al 2050 ora si fermano al 2030, quando potrebbero verificarsi problemi per la diminuzione delle entrate rispetto alle uscite dovute al costante e massiccio ricorso ai prepensionamenti da parte delle aziende in crisi.

I nuovi vertici si troveranno così ad affrontare da subito alcuni aspetti nevralgici. In primo luogo la riforma fortemente voluta dal presidente uscente Andrea Camporese e dalla sua maggioranza quando a fine luglio durante i lavori del Cda si determinò una profonda spaccatura. La riforma passò con 9 sì (otto della maggioranza della Fnsi, gruppo Fiesole-Nuova Informazione più Andrea Mancinelli in rappresentanza di Palazzo Chigi), due no (i rappresentanti di Punto e a capo più Inpgi Futuro, Silvana Mazzocchi e Carlo Chianura), l’astensione del rappresentante del ministero del Lavoro Fiorella Kostoris, assenti i due rappresentanti della federazione editori (il vicepresidente Fabrizio Carotti e Francesco Cipriani) e il consigliere giornalista Roberto Carella. In quell’occasione il contributo straordinario di partecipazione al riequilibrio finanziario della gestione previdenziale venne giudicato dalla dottoressa Kostoris e dagli oppositori “anticostituzionale”. Questo contributo avrà una durata temporanea di 5 anima come il contributo straordinario per risanare i debiti della Casagit che è invece diventato trimestrale fisso.

Forti della decisione della Cassazione secondo la quale “il taglio dell’assegno non può passare da un atto amministrativo” i pensionati, ha detto Franco Abruzzo, presidente di Unpit, “non si faranno massacrare da sedicenti Robin Hood”, e ora hanno in mano lo strumento del voto per reagire, facendo presente che le pensioni medio-alte sono senza perequazione da almeno 4 anni. Gli altri argomenti caldi sono la copertura delle spese per i prepensionamenti e il pagamento della ex fissa per circa 120 giornalisti in attesa di ricevere la liquidazione.

Secondo il giornalista esperto di economia, Ernesto Auci, “al buco di bilancio si è potuto far fronte finora soltanto con una plusvalenza fittizia realizzata con il passaggio d’immobili di proprietà dell’ente ad un apposito Fondo di gestione di cui l’ente detiene le quote. Un’operazione cioè di ingegneria finanziaria che solo sulla carta elimina il pauroso buco di bilancio”.

La Corte dei conti ha quantificato in 118 milioni di euro il disavanzo registrato nel 2014 tra contributi versati dagli iscritti e uscite per pagare le pensioni, le reversibilità e l’indennità di disoccupazione.

A seguito della pesante crisi del settore che ha indebolito tutti i numeri del quinquennio- scrive nel documento chiesto dal Cda dell’Inpgi il professor Marco Micozzi, l’attuale configurazione dei contributi e prestazioni è diventata non più sostenibile per l’istituto. La prosecuzione a regole invariate porterebbe l’Inpgi all’esaurimento delle riserve e all’impossibilità di pagare prestazioni successivamente al 2030. Le misure varate dall’ultimo Cda (aumento delle aliquote contributive, riduzione delle prestazioni erogate, contributo di solidarietà da applicare per fasce crescenti alle pensioni in essere) garantirebbero l’equilibrio dei conti fino al 2064 a patto però che le ipotesi fornite dal ministero del Lavoro (molto ottimistiche) sui tassi d’inflazione, di occupazione e crescita vengano rispettate.

Per ora c’è la prospettiva di una erosione del patrimonio che passerebbe dagli attuali 2,2 miliardi di euro a 2 miliardi nel 2028, per precipitare fino al minimo di 170 milioni nel 2045. Un campo sul quale intervenire è quello dell’evasione dei contributi. È stato calcolato che 15.535 professionisti lavorano come responsabili negli uffici stampa, marketing, uffici di pubblicità delle aziende e delle istituzioni. Non si sa quanti di questi versano i contributi Inpgi. Sarebbe ora di fare dei controlli, ridurre anche le spese, tagliare drasticamente i pletorici Consigli nazionali e regionali, ridurre la retribuzione del presidente. È poco? È meglio di tagliare gli assegni di quiescenza.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:23