A proposito di Erri

Oggi dobbiamo difendere Erri De Luca, perché nei suoi confronti la Procura della Repubblica di Torino, dopo averlo accusato di istigazione a delinquere, ha chiesto la condanna ad otto mesi di reclusione. Ora, bisogna sapere che affinché il reato di istigazione a delinquere si consumi, secondo la giurisprudenza della Cassazione, non basta che genericamente la persona accusata si sia pubblicamente pronunciata per l’abolizione di una norma incriminatrice o per criticare la norma in vigore, sia pure in modo aspro, occorrendo viceversa che vi sia la rievocazione precisa di un episodio criminoso e che l’istigazione sia oggettivamente a rischio di essere messa subito in pratica. Non pare che queste condizioni si siano verificate nel caso di Erri De Luca, il quale, fra l’altro, di professione fa il poeta, sempre ammesso che quella di poeta sia una professione.

De Luca si è schierato, come è noto, apertamente contro la Tav, partecipando in modo attivo alle manifestazioni contro la sua realizzazione, parlando in pubbliche riunioni ed incoraggiando ogni forma di resistenza. Personalmente non sono d’accordo, ma credo giusto e doveroso permettere che chiunque sostenga un’idea contraria e, a maggior titolo, Erri De Luca, il quale, in quanto amico della musa, vede e comprende cose che normalmente non si vedono e non si comprendono. A De Luca viene rimproverato di aver istigato le folle al “sabotaggio” della Tav: questa sarebbe la parola incriminata, perché evocherebbe il concetto di violenza.

Ebbene, basta consultare un normale dizionario della lingua italiana, per apprendere che sabotare che deriva da un termine francese che vale in senso figurato “fare un lavoro in fretta e male”, cioè far sì che un certo programma non riesca, fallisca. Insomma, il vocabolario ci testimonia in senso linguisticamente ineccepibile, che attribuire al termine “sabotare” una valenza deteriore in chiave violenta e traumatica rappresenta una vera forzatura del tutto inesplicabile in quanto puramente pensata. Il sabotaggio può essere cioè anche intellettuale, politico, ideale, letterario e via dicendo: non necessariamente violento, cioè destinato a mettere bombe o altri ordigni.

Ora, che la Procura chieda la condanna ad otto mesi di reclusione sol perché De Luca ha sollecitato un sabotaggio è cosa francamente che non si capisce proprio perché così facendo si attribuisce alle sue parole un significato univoco in chiave violenta, mentre così non è. Pensare poi che De Luca si metta deliberatamente a capo di un manipolo di terroristi per dirigerne le azioni in senso parabellico è cosa che fa soltanto sorridere.

Ecco: il senso del sorriso e del riso potrebbe essere un buon antidoto contro ogni errore o eccesso di questo genere. Intendo dire che per valutare il senso complessivo di un’iniziativa giudiziaria si potrebbe usare questo tipo di sistema: sfidare cioè il senso del comico, del riso e del sorriso. Se nasce, si può star sicuri che quella iniziativa è erronea. Come appunto in questo caso.

Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 15:14