Bruno Contrada e i pericoli di Stato

Giunge notizia che la Grande Camera ha rigettato l’appello proposto a suo tempo dal governo italiano contro la sentenza con la quale la Corte Europea dei diritti umani aveva condannato l’Italia al risarcimento del danno a favore di Bruno Contrada per averlo condannato in forza di un reato inesistente nel codice penale: concorso esterno in associazione mafiosa. Propongo qui due ordini di riflessione. Il primo.

E’ mai possibile che ancora si stenti a capire che la semplice circostanza che un essere umano sia stato condannato per un reato non espressamente previsto dal codice penale fa a pugni con la Costituzione e, prima ancora, con ogni possibile razionalità giuridica? E’ mai possibile che ancora si stenti a capire che ogni condotta delittuosa, per essere punibile, deve prima essere come tale prevista in modo preciso da un testo di legge di carattere penale? E’ mai possibile che si stenti a capire che nel momento stesso in cui lo Stato pone in esecuzione condanne per un reato – come il concorso esterno – inesistente, ma soltanto frutto di una escogitazione della giurisprudenza – anzi della “giuri-spregiudicatezza” ( che appunto è il contrario della giurisprudenza ) – rischia di collocarsi sullo stesso piano di coloro che commettono illeciti, perché non c’è peggior illecito di quello commesso attraverso i percorsi istituzionali?

Ebbene, se è accaduto, vuol dire non solo che è possibile, ma anche che lo è ripetutamente, non portando l’esperienza pregressa alcun tipo di sana riflessione in senso contrario. Già soltanto ponendosi su questo piano, le istituzioni si collocano al di fuori della cornice tipica dello Stato di diritto, ma nessuno o pochi sembrano accorgersene. Il secondo ordine di riflessione. Lo Stato italiano, dopo la sentenza con la quale la Corte Europea dei diritti umani ha condannato l’Italia, affermando sostanzialmente che a Contrada non si poteva contestare un reato dai contorni imprecisati e vaghi, non solo non ne cava senso alcuno in termini di lezione di diritto, ma in sovrappiù insiste, appellando la sentenza che assegna a Contrada un risarcimento del danno subito. Come dire che “repetita… non iuvant”, il che se per una qualunque persona è grave, per uno Stato è una vera tragedia.

Che significato assume infatti l’appello avanzato contro quella sentenza? Diversi significati e tutti pericolosi. Primo significato: lo Stato ritiene di essere nel giusto, di aver cioè fatto bene a condannare Contrada per un reato inesistente, perché non voluto dal legislatore. Secondo significato: lo Stato ritiene di non essere tenuto a pagare il risarcimento. Terzo significato: lo Stato mostra di non aver la minima idea che nessuna somma, per quanto grande, potrà restituire a Contrada ciò che gli è stato sottratto in oltre vent’anni di processi, in termini di vita, onorabilità, carriera, reputazione sociale ecc. Quarto significato: lo Stato non capisce nulla di diritto, tanto meno di diritto penale. Quinto significato: lo Stato è pericoloso per se e per gli altri. Può bastare?

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:35