Muore Schengen c’è l’integrazione pelosa

Scocca l’ora zero per gli europei non graditi nei paesi ricchi di Nord e Mitteleuropa (per intenderci Europa danubiana ricca). Oscillerebbero tra i 150 ed i 250mila i cosiddetti balcanici prossimi ad essere espulsi da Germania, Danimarca, Austria, Olanda, Belgio e Lussemburgo, e con la motivazione di chiara indigenza e mancato inserimento economico-lavorativo. Al loro posto verrebbero introdotti annualmente 500 mila migranti o profughi nella sola Germania ed altrettanti nelle nazioni ricche confinanti. A rischio d’espulsione croati, bosniaci, serbi, sloveni, moldavi, romeni, montenegrini, bulgari, kosovari, albanesi, macedoni, greci e turchi europei non in grado di dimostrare d’essere in possesso d’un curriculum lavorativo certificabile secondo le normative Ue, d’un lavoro regolarmente contrattualizzato e con corrispettiva contribuzione previdenziale, di risiedere stabilmente in un alloggio e con regolare contratto ed ottemperando a tutte le utenze. In Germania ed in Nord Europa in genere non sarà più tollerata (e per legge) la presenza di popolazioni balcaniche in evidenti situazioni di precarietà lavorativa e disagio economico-sociale. Verranno rimpatriati nei rispettivi paesi dell’Ue povera. Al loro posto siriani e migranti d’alto profilo professionale: il loro percorso di studi e lavoro verrà vagliato da esperti tedeschi, da rappresentati dei sindacati e da esponenti della politica dei vari länder. A chi supererà la selezione verrà offerto un alloggio negli standard residenziali europei, un contratto di lavoro ed un corso d’inserimento linguistico-sociale nel nuovo paese. Ai balcanici rimpatriati non sarà più permesso accedere in Germania e nei paesi ricchi dell’Ue per i prossimi dieci anni. Grüß Gott Europe? Anzi sarebbe il caso di dire auf wiedersehen altes Europe. E perché con questa trovata possiamo considerare morta la convenzione di Schengen. Ovvero quel trattato del 1985 che portò alla libera circolazione dei cittadini europei nel territorio dell’Ue, e soprattutto all’abolizione dei controlli doganali tra gli stati membri della UE (quest’ultimo punto dal primo gennaio 1993). Insomma la tanto sbandierata caduta delle frontiere fa oggi un passo in dietro. E non dimentichiamo che trent’anni fa la Germania è stata il primo firmatario di Schengen. Va comunque detto che non si tratterebbe del primo caso di sospensione di Schengen: infatti il trattato prevede che ogni stato sottoscrittore dell'accordo possa sospendere l'uso del trattato per un periodo e per specifici motivi: solitamente vi si ricorre quando uno stato vuole rafforzare le misure di sicurezza nel caso esso ospiti importanti eventi, ed una importante presenza migratoria potrebbe rientrare tra i casi plausibili. Già l’Austria aveva sospeso nel2008 il trattato di Schengen in concomitanza col campionato europeo di calcio. Anche la Danimarca non è nuova a sospensioni, nel 2011 aveva deciso di reintrodurre il controllo alle proprie frontiere terrestri e marittime al fine di far diminuire il crimine transfrontaliero. E non dimentichiamo che la Norvegia, che ha sospeso il trattato di libera circolazione nel 2011 successivamente ad alcuni attentati e per via dell’allerta terrorismo. Anche la Polonia ha più volte sospeso la libera circolazione, in accordo con la Germania e per via di conferenze internazionali. Se si calcolano le sospensioni di Italia e Francia (solo una in vent’anni) e si parametrano con quelle di Nord e Mitteleuropa ci si accorge che Germania, Danimarca, Norvegia e Polonia ricorrono spesso a sospensioni. Quindi Schengen non funziona ed è ormai superato dagli eventi.

A questo s’aggiunge che la Gran Bretannia non solo s’è allineata sulle posizioni della Germania, ma ha dichiarato che oltre ai balcanici espellerà anche italiani ed iberici non in grado di dimostrare il mantenimento economico d’una qualità di vita in linea con gli standard britrannici. Al loro posto verranno regolarizzati (temporaneamente) 20mila tra siriani e profughi vari entro il 2020, a patto che dimostrino una preparazione professionale in linea con gli standard dettati dalla formazione professionale europea (standard dettati Fondo sociale europeo, FSE).

La conseguenza alla caduta di Schengen è riassumibile nelle posizioni dell’ungherese Viktor Orban, che accelera l’innalzamento del muro e consiglia ai partiti nazionalisti balcanici d’affilare le unghie contro la Germania e, soprattutto, di riprendersi la propria sovranità rispetto all’Unione europea. Un consiglio che dovrebbe ascoltare anche l’Italia.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:37