
Bisogna correre a sfatare un mito, un’idea errata, o meglio la presunzione che gli insegnanti della scuola pubblica italiana possano definirsi, sentirsi “professionisti” del mondo del lavoro vero. Non è così. Bisogna dire chiaramente che sono elemosinati degli italiani, parassiti elemosinati dai nostri soldi, quegli stessi soldi estorti a noi con la tassazione erosissima che, difatti, non esiste in nessuna parte del mondo. Un professionista è un libero professionista cioè colui (colei) che risponde di ciò che fa. Se sbaglia paga di suo. Come succede a tutti i professionisti, liberi professionisti italiani, dal corniciaio al fabbro, dall’avvocato all’imprenditore. Il tempo indeterminato, ovvero a vita dell’impiego pubblico, specificamente nella scuola pubblica, insieme alla inamovibilità pratica, effettiva, dallo stesso, insegnante pubblico, professore universitario statale o maestro di scuola pubblica che sia, magistrato o giudice pubblico, politico o avvocato dello Stato cioè pubblico, rendono il posto cosiddetto “pubblico” vale a dire stipendiato con i soldi di tutti noi italiani, ma guarda caso, ha come ulteriore requisito l’irresponsabilità verso tutti, verso tutti noi, i reali, effettivi datori di lavoro.
Pertanto credere o sentirsi “professionisti” nell’apparato pubblico difetta gravemente del requisito essenziale, la responsabilità. Che porta con sé la “amovibilità” ovvero il cambio di lavoro quando non si ha funzionato nella scuola così come da giudice, e porta con sé così anche la determinatezza dell’occupazione e del lavoro, a maggior ragione quando incapaci di farlo.
In Italia da una settantina d’anni si sono immesse masse di pecoroni irresponsabili pubblici, per carità persone tra cui, soprattutto nei primi trenta anni, si distingueva una loro maggioranza, financo la quasi totalità, di soggetti che hanno ritenuto “sacra” la propria funzione nel settore pubblico, ritenendo la responsabilità un optional, andava cioè da sé ritenere di risponderne non solo lavorativamente ma anche e soprattutto personalmente, si pensi solo al disdoro sociale dato dalla incapacità cui difatti era la stessa società, più stretta nelle sue maglie e moralmente pochissimo lasciva, a richiamare e fare rispondere delle conseguenze; nei successivi quaranta anni le maglie sociali si sono allargate e con la libertà sociale il posto pubblico è diventato il “lavoro” degli italiani, dai ministeri alle corti, dalle province ai comuni alle regioni, dalle pubbliche amministrazioni e così via fino ad avere più o meno in ogni famiglia un soggetto almeno a carico delle finanze pubbliche. E’ diventato cioè, per quanto potesse essere stato l’”agguanto” al concorso pubblico truccato, convenientissimo occupare il posto pubblico, perché in cambio di poche ore “lavorate”, ovvero di sola presenza fisica nell’odiato ufficio tra gli odiati colleghi uguali a sé, si è ricavato l’obolo pubblico con cui si è, come dicono al sud, “campata” la famiglia. Ecco quindi il posticino a Ferdinando Esposito in magistratura, con corcorsino “pubblico” a hoc stante papà e zio Esposito (quello della Cassazione e della sentenza annunciata contro Berlusconi, altro che professionista della giustizia! la giustizia piuttosto come arma per “regolare i conti” e le acrimonie di un’intera classe, quella giudiziaria pubblica contro l’imprenditore privato resosi ricco e con l’arlìa di essere sceso in politica). O ecco il posticino a papà di Giulio Napolitano nell’università pubblica, come tutti gli altri nessuno escluso. Ecco il posticino pubblico al ministero: un esercito di italiani e di italiane acrimoniosi e insoddisfatti “da sistema”, lagnanti e mal mostosi negli improduttivi ministeri pubblici italiani. Ed ecco il folto popolo della scuola pubblica, tra cui svetta, arrivata vicino casetta sua, la moglie dell’imbroglione al governo rubato Renzi: una folla di rosiconi della scuola pubblica in grado di insegnare spesso la sola propria ignoranza condita della supposizione di sapere qualcosa ai poveri ragazzi italiani che, inseriti in un sistema nefasto siffatto, di fatto, non solo non imparano o si “arricchiscono” di quasi nulla, ma sono il bersaglio e lo sfogatoio della depressione e del disagio che mostrano i loro insegnanti. Ma ecco ancora i raccomandati ai “concorsi” pubblici nelle Regioni che vivono oggi, per la scemenza e l’insipienza di Renzi illegittimo al governo, un nuovo revival, dato che il beota con il suo governo di non eletti cerca di dare più rappresentanza e potere escludendo noi italiani. Ecco l’impiego pubblico degli italiani nell’intero apparato pubblico, vale a dire il regno dell’improduttività. Del parassitismo a nostre spese. E, ancora, gli impiegati pubblici dell’Agenzia delle entrate che tuttora immette altri mille a controllare chi non si sa, dato che chi ha potuto e che produceva qualcosa autonomamente è fuggito all’estero. Ecco i giudici e la giustizia pubblica, una mannaia ad orologeria prona e indifesa di fronte alle lerce ambizioni personali dell’ultimo venuto., e da ultimo sono venuti difatti Di Pietro, o Ingroia, De Magistris, i quali forti della inamovibilità e soprattutto dello stipendio a vita hanno dettato legge in un Paese letteralmente violentato dalla loro stolta cupidigia.
Quando si vede un lavoro pubblico in Italia, in definitiva, bisogna dire ed avere ben presente che sono gli italiani ad esserne i datori di lavoro, si pensi alla Camera e al Senato, al Parlamento e a tutto l’apparato politico, e oggi è finalmente necessario chiamare tutto a risponderne, alla responsabilità. A cominciare con Napolitano il quale da presidente della Repubblica ha violato la nostra regola democratica di avere quali rappresentanti gli eletti, cosa che non è avvenuta né con Monti né con Letta e che non sta avvenendo neanche tuttora con Renzi. Monti, Letta o Renzi non sono mai stati eletti per rappresentare l’Italia da nessun italiano, è Napolitano ad avere, contrariamente ad ogni regola della nostra democrazia, “scelto” ed eseguito, dandoci i pensi incapaci di cui è necessario liberarsi. Rappresenta chi legittimato con voto a rappresentarci. Solo rappresentanti eletti spingeranno infatti il Paese a razionalizzare le proprie risorse umane ed economiche, non altri. Renzi getta fumo negli occhi, come pare abbia fatto tutta la vita, e i più c cascano, vedi Berlusconi o il popolo di destra che lo ha creduto suo erede, quando sarebbe bastato osservare bene da dove Renzi venisse, cioè dal verterocomunista Napolitano, per capire da subito chi è e sotto lo schiaffo di chi è, qualsiasi cosa faccia o reciti o blateri. Si ripete, “qualsiasi cosa faccia o reciti o blateri”. Questo Paese si deve dare una svegliata! Il non lavoro pubblico va trasferito e fatto diventare lavoro produttivo privato nel mercato globale vero. Ci vuole produzione, investimenti produttivi, nuove industrie per il lavoro produttivo degli italiani improduttivi.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:25