
La verità è rivoluzionaria, ma è certamente scomoda per coloro che sono degli incapaci, i quali addossano le responsabilità della nostra crisi all’Euro per coprire le proprie. Con questa scelta dello struzzo non solo non si dice la verità, ma si impedisce di studiare la cura appropriata alla crisi che il Paese sta attraversando.
Certamente il peso fiscale sul reddito dei cittadini e delle imprese pesa profondamente, nel permanere della crisi. La ricchezza non si crea per legge, ma con misure legislative che aiutano le famiglie e le imprese, per cui la detassazione è certamente una necessità fisiologica, alla quale deve corrispondere una diminuzione della macchina statale, non nei servizi, ma nelle strutture elefantiache dello Stato, realizzando il disboscamento di vari enti (inutili) di secondo e terzo livello, che oltretutto complicano la vita ai cittadini e sono non solo fonte di spreco, ma anche di corruzione.
Nel nostro Paese ciò che sta massacrando il reddito dei cittadini, oltre le tasse, è il consumo, nel senso che prima dell’Euro il rapporto tra salari e consumo mensile aveva un equilibrio. Prima dell’Euro un cittadino con un milione e ottocentomila lire campava tranquillamente, se arrivava a 2 milioni e cinquecentomila lire pure, se invece superava i 3 milioni di lire era considerato un benestante.
Cosa è cambiato in questi anni? Semplicemente la filiera del consumo e dei servizi pubblici. Invece di convertire i prezzi in Euro, come è avvenuto per i salari, passati i tre mesi con l’esposizione del doppio prezzo (Lira ed Euro) è stato “raddoppiato” il valore: una macchina che costava 15 milioni di lire è diventata magicamente un’auto da 15mila euro. Alcuni esempi: una Volvo base costava 30 milioni di lire, mentre oggi con 15mila euro ci compri una berlina; oggi per una utilitaria devi spendere quanto una volta si spendeva di anticipo per un mutuo della casa; il pane oggi costa tra le 10 e le 14 mila lire al chilo, il latte 2400 lire al litro, ma anche di più, una bevanda oggi non costa meno di 2mila lire al supermercato. Le tariffe pubbliche sono scandalose, sia perché i servizi sono inefficienti, sia perché in questo caso non si è trattato di un aumento ma di una lievitazione esponenziale. Altri esempi: nel 1999 per la tassa dei rifiuti su quasi 100 metri quadrati di casa a Roma arrivavi a pagare tra le 150 e le 200mila lire all’anno, oggi si pagano dai 300 euro in su. Sempre prima dell’Euro, gli affitti a Roma si aggiravano tra le 300 mila lire e il milione e trecentomila lire al libero mercato, mentre oggi con 400 euro ti affittano una stanza se va bene.
Come fa oggi una coppia di giovani che lavorano entrambi ma che non percepiscono più di 1600 euro a pagare un affitto che, se va bene, si trova ad 800 euro? Cioè l’importo di uno stipendio. Ma l’Istat in questi anni cosa ha rilevato visto che pontificava l’abbassamento dell’inflazione ? Noi con l’Euro abbiamo avuto la grande convenienza di abbattimento dei tassi di interesse sul debito, ma tutti i governi che si sono succeduti in questi anni hanno, da un lato svenduto il patrimonio pubblico, sempre con l’obiettivo (a loro dire) di diminuire il debito, ma dall’altro il debito è sempre aumentato a discapito della produzione e del lavoro perché tassato in modo indecente. L’unico lavoro che in questi anni è cresciuto è solo quello burocratico, per di più a scapito dei servizi alle famiglie. La speculazione sull’Euro è da intravedere nella filiera del commercio, che non è né il produttore e non sempre i commercianti, gli altri si sono poi adeguati. Cosa fare?
C’è la necessità da parte delle istituzioni, della politica e delle associazioni imprenditoriali e sindacali di prendere atto di un grave problema che attanaglia milioni di famiglie, che non scendono in piazza ma nel silenzio della loro dignità cercano di andare avanti, allontanandosi sempre più dalle istituzioni e dalla politica, perché vissuti come nemici o indifferenti al loro disagio. La presa di coscienza non può essere un rituale e dovrà essere anche una assunzione di responsabilità che comporterà mettere intorno ad un tavolo (una volta si chiamava concertazione come fece Bettino Craxi per combattere l’inflazione a due cifre) tutti i soggetti che concorrono alla ricchezza nazionale: l’imprenditoria, i sindacati, i commercianti, gli intermediari della filiera, i proprietari degli immobili, la rappresentanza delle banche, i quali tutti, mettendoci anche del loro (perché i soldi sono finiti), dovranno trovare attraverso meccanismi vari - defiscalizzazioni, compensazioni, incentivi e altro - una diminuzione dei prezzi tramite un paniere per un insieme di generi alimentari e non, tra cui tariffe pubbliche e affitti, ma rimodellando anche il sistema fiscale sanitario, perché oggi anche la salute, che dovrebbe essere gratis, è diventata un costo non facilmente sopportabile per le famiglie. Nella sanità, concorrere alla spesa è giusto, ma credo che far pagare 100 euro a famiglie o anziani per delle analisi di routine è un costo non sempre sopportabile, considerando i salari medi e le pensioni.
Altro aspetto non secondario per combattere la crisi e il lavoro nero è quello di definire per via legale un salario minimo per ore di lavoro mensile o settimanale, così da ottenere due risultati: da un lato la ripresa dei consumi e dall’altro il superamento di una condizione di semi-schiavitù di molti giovani e non solo. Va riconsegnato ai cittadini il potere di acquisto che in modo fraudolento, con la scusa dell’Euro, è stato loro depredato dalla speculazione del commercio e dai servizi di pubblica utilità, con la complicità silente delle istituzioni e della politica. È nei momenti gravi che una classe dirigente dimostra le sue capacità riformistiche prendendo decisioni eque nell’interesse del Paese.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:33