
L’accordo, con cui in sede comunitaria è stato scongiurato il rischio della fuoriuscita della Grecia dalla unione monetaria, ha fornito ai fautori dei populismi, sorti in diversi paese, in Spagna con Podemos, in Italia con i Cinque Stelle e la Lega, in Inghilterra con Ukip di Farage, il destro per protestare contro l’ordine teutonico basato sulla austerità, che la Germania avrebbe imposto sulla vita economica e politica del vecchio continente. Questa posizione deriva dal convincimento, condiviso da alcuni economisti, che la espansione della spesa pubblica, nei Paesi che non riescono a superare la crisi, potrebbe favorire la crescita e la ripresa della produttività economica.
Tuttavia in tal modo, imputando alla Europa la responsabilità politica di un lungo periodo di depressione economica, che rischia di sfociare in una deflazione prolungata, si finisce per non avere una visione esatta dei problemi presenti nei Paesi del sud del mediterraneo, considerati inclini ad alimentare in modo irresponsabile la spesa pubblica, rispetto ai Paesi virtuosi del Nord Europa, con i bilanci pubblici in pareggio. Su questo Angelo Panebianco, da politologo e uomo colto, ha scritto un lucido articolo sul Corriere della Sera di domenica scorsa, nel tentativo di individuare le cause della crisi e le ragioni sostanziali delle difficoltà economiche dell’Italia e di altri Paesi del sud Europa. Indubbiamente la Grecia, negli ultimi anni, e prima della crisi finanziaria del 2010, ha dilapidato e consumato risorse superiori a quelle prodotte, alimentando a debito una spesa pubblica che è cresciuta in modo scriteriato e irresponsabile. In Italia, seconda l’analisi pregevole di Angelo Panebianco, vi sono tre contraddizioni evidenti che formano una sorta di triangolo in cui è imprigionato e avviluppato il sistema politico ed economico del nostro Paese.
Questo fatto spiegherebbe le difficoltà dell’Italia a modernizzarsi e a introdurre le riforme liberali necessarie per favorire la ripresa della economia e la crescita della produttività. Il primo lato del triangolo è rappresentato da una pressione fiscale che sta, da lungo tempo e malgrado diversi uomini di governo di diverso orientamento culturale abbiano promesso di attenuarla nel corso degli anni, soffocando la vita economica e scoraggiando gli investimenti interni e internazionali. Ovviamente, come ripetono inascoltati alcuni economisti autorevoli, non vi potrà essere una diminuzione drastica e ragionevole della pressione fiscale senza una simmetrica e proporzionale riduzione della spesa pubblica.
Questo non è soltanto un dato meramente contabile, poiché presuppone un cambiamento radicale della forma e organizzazione dello stato, che dovrebbe divenire leggero e non invadere aree fondamentali della vita civile ed economica con una burocrazia inutile e costosa. Infatti lo stato costoso e inefficiente in Italia, come sperimentano quotidianamente gli imprenditori e gli uomini operano nella vita economica, implica un potere di intermediazione pubblica che comporta un controllo soffocante sulle attività economiche. Questo aspetto della politica italiana, il potere di intermediazione pubblica, rappresenta il secondo lato del triangolo, di cui parla Panebianco.
A ciò si aggiunga un sistema normativo che consente alla magistratura di compiere interventi nel mondo produttivo, per ragioni spesso di natura ideologica e politica, onde indagare su devianze che spesso sono insussistenti e prive di rilievo giuridico. In passato c’è stato il controverso caso dell’Ilva di Taranto, mentre in questi giorni si discute del sequestro della Fincantieri di Monfalcone, ordinato dalla magistratura. Questo grave episodio, che ripropone i rapporti delicati esistenti in Italia tra il mondo delle imprese e una parte della magistratura, dimostra che quest’ultima si sente investita della missione escatologica di salvare beni pubblici, quale la salvaguardia ambientale, facendo precipitare, con le proprie decisioni dettate da motivi ideologici, nella crisi improduttiva imprese che riescono a competere sui mercati internazionali.
Questo fatto conferma e dimostra, se ve ne fosse bisogno, quanto estesa e diffusa sia la cultura ostile alla impresa, quale soggetto insostituibile della modernizzazione nella vita economica in occidente per creare sviluppo e benessere. La constatazione della presenza di un atteggiamento ideologico e culturale ostile alla impresa, infine, costituisce il terzo lato di questo triangolo, che si frappone alla trasformazione del nostro sistema politico ed economico. I ripetuti interventi della magistratura, sia pure dovuti alla esigenza in apparenza incontestabile di garantire la salvaguardia di beni collettivi essenziali e indisponibili, rischiano, e qui Panebianco con la raffinatezza del vero politologo e intellettuale coglie un aspetto fondamentale della crisi Italiana, di limitare e impedire il riconoscimento della libertà di impresa, in assenza della quale il proclami a favore della crescita e della ripresa rischiano di apparire delle semplici e vane enunciazioni di buoni sentimenti e propositi.
Se in questo momento, per la prolungata crisi economica, i limiti politici presenti nella Unione Europea a causa della egemonia tedesca e della assenza della integrazione politica che dovrebbe fare seguito a quella monetaria, i populismi hanno facile gioco nel contestare il sistema dal basso, con la famosa rivolta contro le Elite politiche e economiche, soltanto le riforme liberali potranno impedire che dilaghino in Italia e in Europa. In particolare, visto che in Italia è difficile cambiare in profondità il sistema e colmare il deficit di cultura liberale, cui uno scrittore colto come Piero Ostellino imputa il cattivo funzionamento dello stato e i ritardi nella modernizzazione del Paese, è ragionevole chiedersi quale forza politica saprà realizzare le riforme liberali, indicate da Angelo Panebianco come necessarie e irrinunciabili.
Per il momento Renzi, pur avendo legato il destino del suo governo alla missione di un riformismo capace di aggredire i nodi e le cause della crisi Italiana, dà spesso la sensazione di essere un buon comunicatore, senza riuscire a incidere in modo efficace sulle contraddizioni del sistema italiano, cui manca una classe dirigente autorevole e credibile nei riguardi della pubblica opinione. Infatti, le ultime consultazioni elettorali, nel voto amministrativo per il rinnovo dei consigli regionali e comunali delle grandi città, hanno confermato che il partito della astensione è destinato a raccogliere altri sostenitori. Uno scenario sconfortante e molto preoccupante.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:36