Il ping-pong del ddl sul reato di tortura

Nonostante le numerose promesse e i molti impegni presi anche a livello internazionale, ancora oggi nel nostro paese manca il reato di tortura. Molti sono stati i tentativi, purtroppo finiti nel nulla, di inserimento di un disegno di legge. La polemica, e forse anche un più generalizzato interesse, si è riacceso nel mese di aprile, quando, a distanza di 14 anni, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo ha stabilito che “quanto compiuto dalle forze dell’ordine italiane nell’irruzione alla Diaz del 21 luglio 2001 deve essere qualificato come tortura”.

La Corte Europea ha inoltre condannato l’Italia non solo per quanto accaduto, ma anche per l’assenza di una legislazione adeguata a punire il reato di tortura. Due anni fa è finalmente iniziata la discussione in Senato di un testo unificato sul reato di tortura, conclusosi con una prima approvazione lo scorso 5 marzo, con voto quasi unanime. Il testo mirava ad introdurre un reato specifico di tortura senza dover ricorrere alla reiterazione degli atti di violenza. In parole povere, bastava un singolo episodio per poter parlare di tortura. Stando al testo, il reato è qualificato come comune, imputabile a qualsiasi cittadino, anche se prevede una aggravante nel caso coinvolga un pubblico ufficiale.

Solo poche settimane fa, alla fine di giugno, una manifestazione contro il ddl sull’introduzione del reato di tortura ha riempito le piazze di Roma, Milano e Palermo. Tra i più attivi nella Capitale anche Matteo Salvini, leader leghista, che ha dichiarato “La Corte europea dei diritti umani potrebbe occuparsi di altro. Per qualcuno che ha sbagliato non devono pagare tutti. Carabinieri e polizia devono poter fare il loro lavoro. Se devo prendere per il collo un delinquente, lo prendo. Se cade e si sbuccia un ginocchio, sono cazzi suoi”. Vien da pensare che Salvini abbia la memoria corta. A Genova i manifestanti del Genoa Social Forum non si sono sbucciati un ginocchio, e non erano neppure delinquenti. E neppure casi come quello di Stefano Cucchi possono essere ricondotti agli incidenti minori citati da Salvini.

Non del tutto inaspettatamente – le molte resistenze contro l’introduzione del reato di tortura erano tangibili – la Commissione Giustizia del Senato ha modificato il ddl. Non è un caso peraltro che la Commissione abbia deciso di audire informalmente soltanto i capi delle forze di Polizia. Sulla base delle modifiche apportate al testo, non verrà più riconosciuto come tortura un singolo episodio, ma sarà necessario dimostrare la reiterazione delle violenze (magari attendere anche la morte della vittima per accorgersi che c’era qualcosa che non andava???) Ancora una volta questo strano ping pong rischia di rendere tutto vano ed arrivare all’approvazione di un testo finale perfettamente inutile.

Se non si trattasse di una tematica così grave, quanto accaduto sembrerebbe ridicolo. Quel che appare difficile comprendere è il perché di tanta ostilità… se le forze dell’ordine agiscono in modo conforme alle regole, non si spiega la loro avversione per una legge che intende vietare gli abusi. Vietare gli abusi non implica impedire loro di svolgere il proprio lavoro. Per parafrasare Salvini, “nessuno verrà accusato di tortura in caso di ginocchio sbucciato!”.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:26