Il Paese dell’impiego   pubblico, da convertire

L’Italia è il Paese dell’impiego pubblico. Si insiste ancora oggi ad immettere nella Pubblica amministrazione - mille all’Agenzia delle entrate solo ieri - nella giustizia, e poi nella scuola, alle poste, presso le Corti. Un esercito di gente improduttiva e scontenta da stipendiare a vita. Bisogna correre ai ripari e procedere nel senso esattamente contrario, all’opposto; è necessario convertire prontamente tutto ciò che è pubblico in Italia al privato. Dove si pensa di andare salvando i politici di sinistra e ammazzando le imprese italiane? Chi paga il mastodontico apparato pubblico a fine mese? Chi paga le tasse sempre più esose e malsane? Ma che conti sballati sta facendo questo tristo nostro Paese? Si porti ogni cosa a camminare economicamente in autonomia.

Questo è il riordino da fare. Se non si fa un piano strategico di riordino in questa direzione, lo stesso riordino, oggi indispensabile e necessario, ci sbatterà contro, sulle nostre teste, e nel peggiore dei modi. Facendo ciò che si sta facendo, siamo la prossima Grecia, che è bene oggi fallisca. È stato demenziale e insensato averle dato i nostri soldi, ormai persi. Non diamone altri, né alla Grecia né a nessun altro. Bisogna convertire l’Italia al mercato, vale a dire alla produzione. E sfrondare e ridurre la cosa pubblica al minimo possibile. Solo un processo di tal fatta ci salverà e farà vivere e prosperare all’interno del mercato globale. Il nostro sviluppo economico e futuro benessere passa da lì. Prima lo si capisce e meglio è.

 

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:20