
Caos, proteste, polemiche. La Rai, di tutto di più. La bufera è scoppiata per la comunicazione della sede del “concorsone” per l’assunzione di 100 giornalisti nell’azienda del servizio pubblico. Tre fasi preliminari: verifica delle domande degli aventi diritto, gara europea per la commissione d’esami, gara per decidere la località dove far svolgere le prove ai 4.982 ammessi. Tutti a Bastia Umbra il primo luglio alle ore 10,30 per il primo test di selezione. Per i fortunati 400 che passeranno la prima fase, ci saranno altre due prove da superare (una scritta e una orale, di cui ancora non si conoscono date e sedi).
In una fase in cui quasi tutte le imprese editoriali ristrutturano, licenziano, ricorrono alla cassa integrazione o ai contratti di solidarietà (ultima decisione quella del gruppo Rcs), il fatto che la Rai ricorra ad un concorso pubblico per mettere in organico 100 giornalisti dopo i tagli, i prepensionamenti e gli esodi volontari operati dal direttore generale Luigi Gubitosi (circa 600 dipendenti) doveva essere considerato un fatto nuovo, quasi una svolta rispetto alla politica di assunzioni clientelari o politiche del passato. L’ultimo concorso è quello per la nascita della Terza Rete e del Tg3 (1979). Quello per la sanatoria interna dell’ottobre del 2013 ha lasciato ancora fuori 34 giornalisti che svolgevano altre mansioni in azienda. La Rai riesce, invece, a farsi male da sola. Anche nelle cose buone.
La prima osservazione è che a fronte di migliaia di precari dislocati su tutte le rubriche di approfondimento (contratti spesso ripetuti di anno in anno, anche per decenni), i vertici di viale Mazzini hanno pensato di bandire un concorso (d’intesa con il sindacato interno Usigrai) per 100 assunzioni a tempo determinato: tre anni con possibilità di dover lavorare in qualsiasi struttura l’azienda ritenga necessario. E poi? Incertezza assoluta. Nell’ultimo piano editoriale del direttore generale in prorogatio (fine corsa per Gubitosi come per la presidente Anna Maria Tarantola e il vecchio Consiglio di amministrazione) nell’operazione accorpamenti o newsroom non è quantificata l’esigenza organica dei giornalisti. Attualmente la Rai ha in organico 1650 giornalisti. Senza contare quelli che vengono sfornati dalla scuola di Perugia diretta dal duo Nino Rizzo Nervo e Antonio Socci.
I cento del bando di concorso sono pochi o troppi? Saranno destinati a rafforzare anche i 7-800 giornalisti delle redazioni regionali? Manca in sostanza una visione prospettica sul futuro dell’azienda, che si appresta a rinnovare la convenzione con lo Stato. E se l’azienda di viale Mazzini non ottenesse più il riconoscimento di servizio pubblico? Fantapolitica risponde qualcuno. E allora passiamo agli aspetti concreti del concorso. La scadenza per la partecipazione alla selezione era il 24 aprile 2014. A quella data i candidati dovevano essere giornalisti professionisti, senza vincolo d’età (altra anomalia per un’azienda che si vuole riformare, rinnovare e che ha “svecchiato” gli organici con gli incentivi). Dopo 13 mesi di silenzio viale Mazzini ha mandato una e-mail, con appena 20 giorni di anticipo dalla prima prova, scegliendo la località umbra che non facilita certo la presenza di quanti debbono spostarsi dalle più lontane zone d’Italia.
Tutto a spese dei concorrenti, pronti a scattare per la seconda prova l’8 luglio (data da confermare). È possibile che la commissione possa correggere e verificare i quasi 5mila test in sette giorni? E di incongruenze in incongruenze si passa alla genericità degli argomenti di prova e la mancanza di testi su cui prepararsi. La prova selettiva (l’azienda ha respinto le critiche soprattutto dell’Ordine dei giornalisti sull’organizzazione del concorso, sostenendo che si tratta di una selezione trasparente a livello nazionale) si articola in tre fasi. La prima, quella di Bastia Umbra, riguarda un test scritto a risposta multipla (una risposta giusta su quattro quesiti) su tematiche, come è scritto nel bando, attinenti “la cultura generale e l’attualità, con riguardo all’ordinamento dello Stato, alle norme sulla stampa e sul sistema radiotelevisivo, la tutela della privacy, il contratto nazionale di lavoro giornalistico, nozioni di lingua inglese e (ciliegina finale) il crossmediale”, che pochi sanno di cosa si tratti...
Deve essere stata una mente diabolica quella che ha preparato il bando varato dal Consiglio di amministrazione in scadenza. La consigliera Luisa Todini si è dimessa per altri incarichi. Praticamente lo “scibile umano”, senza contare la montagna di articoli della Costituzione, dell’amministrazione pubblica, della legge sulla stampa, dei contratti nazionali dei giornalisti con aggiunta dell’integrativo Rai. Ai fortunati 400 che restano (sempre a contratto determinato e con assunzione non immediata) toccheranno varie prove: redazione e lettura di un testo destinato alla tivù e un altro per la radio, redazione di un Tweet di 140 caratteri, improvvisazione in video su un tema di attualità con flusso di immagini, prova pratica di utilizzo del web.
La terza e ultima fase riguarda un test e colloquio sulla conoscenza della lingua inglese e di una seconda lingua, colloquio di valutazione del curriculum. Altri punteggi saranno assegnati per i titoli di studio e per la partecipazione a master e scuole di giornalismo. Clausole che stanno scatenando una tempesta di proteste su gran parte delle modalità di selezione. Ci sono troppi elementi di incertezza e di discrezionalità. È un’occasione mancata ribadisce l’Ordine dei giornalisti, che testimonia “un assoluto disprezzo della Rai per quanti coltivano il sogno di essere utili ai cittadini attraverso l’informazione del servizio pubblico”. Da molte parti si temono discriminazioni per i vincoli posti all’accessibilità dei candidati e quindi una caterva di ricorsi giudiziari.
Ultimo aspetto riguarda l’azienda di viale Mazzini. Stando al bando la Rai non potrà assumere i 100 giornalisti con le nuove norme del Jobs act che permettono alle imprese che assumono di ottenere per tre anni gli sgravi fiscali. Venti giorni per presentarsi a Bastia Umbra dopo 13 mesi di silenzio durante i quali le richieste di chiarimento o di semplice informazione sono rimaste lettera morta: compreso il numero di domande a cui rispondere e il tempo a disposizione. Troppi equivoci e dubbi per una maxi-assunzione. Si poteva fare meglio? Certamente sì dicono quasi tutti i cinquemila candidati e gli altri 3-4 mila per i quali è stata scartata la domanda.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:21